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Il “post” del Risorto

«E riceverete potenza quando lo Spirito Santo verrà su di voi, e mi sarete testimoni in Gerusalemme, e in tutta la Giudea e Samaria, e fino all’estremità della terra» (Atti 1, 8)

Il consueto trafiletto di Domenico Starnone su Internazionale (n. 1409 del 14-20 maggio) si intitola «Spalle al passato». Il titolo si riferisce alle epoche definite dal prefisso post-: post-moderna, post-ideologica, etc. L’articolo inizia constatando che queste parole ci dicono qualcosa su quello che lasciamo alle spalle, il più delle volte invitandoci a distaccarcene, ma non si spingono oltre. Non ci offrono una visione dell’oggi. Il presente non viene qualificato se non in relazione a un passato che si vuole decostruire. Quindi, sappiamo di venire dopo qualcosa, sappiamo che cosa non è più attuale, che gli assunti e le prese di consapevolezza del passato sono superate. Sembra però che l’oggi sia un tempo di cui non abbiamo ancora capito il senso!

Anche il tempo dopo Pasqua è un tempo “post”. In questo caso, però, il prefisso non invita a lasciarci alle spalle tutto ciò di cui si è preso consapevolezza durante il tempo pasquale. Dopo l’evento della risurrezione non veniamo lasciati nel disorientamento, senza capire bene dove collocarci nel presente. Il tempo del “post” è tempo di incontro con il Risorto, evento che permette di dare un senso al passato, che in qualche modo lo arricchisce di nuovi significati che aggiungono, non sottraggono.

Il “post” del Risorto riempie di significato. E l’ultimo post del Risorto dice: «Riceverete potenza quando lo Spirito Santo verrà su di voi».

I tempi del post non sono i tempi della decostruzione ma dell’attesa. Così il tempo che conduce alla Pentecoste è riempito dall’attesa di ricevere una nuova potenza, una forza vivificante portata dallo Spirito. Il soffio dello Spirito è arrivato, venuto quindi a vivificarci, in questo tempo nuovo aperto dalla risurrezione. Lo Spirito arriva e comincia a dare vita alle parole, parole che vengono pronunciate e che vengono udite, che mettono in moto chi le ascolta facendo nascere delle domande. Lo Spirito trasforma le parole dei discepoli di Gesù, che pure avevano malcompreso e che avevano dubitato, in Parola potente e che vivifica.

Il dono dello Spirito dà vita a nuove realtà, con le prime conversioni e le guarigioni, miracoli che accadono grazie al primo grande miracolo: la nuova capacità di comunicare. Diventiamo suoi e sue testimoni comunicando. Comunicando siamo capaci di costruire insieme, siamo capaci di progettare un futuro, siamo capaci di accompagnare alla guarigione coloro che soffrono e al tempo stesso di curare le nostre ferite. Comunicare ci rende Chiesa. La Pentecoste, perciò, ci dà la possibilità di (ri)cominciare a comunicare, ci chiama a uscire dalla solitudine per riscoprire la nostra possibilità di parlare alle persone e di ascoltare ciò che hanno da dire.

Quest’anno la Pentecoste arriva dopo un lungo tempo di pandemia in cui abbiamo dovuto costruire nuovi modi di comunicare. Siamo stati spinti a porci domande sulle pratiche delle nostre chiese e questo ci ha permesso anche di ritrovare il desiderio di andare per le vie del mondo. Lo Spirito ci invita a non dare le spalle al passato, ma a portare con noi questa nuova capacità di comunicare per cui abbiamo lavorato e che ha permesso alle nostre parole (e speriamo alla Parola) di arrivare in luoghi inaspettati e di connettersi con persone nuove. Questo tempo ci ha mostrato che le nostre capacità di connessione vanno molto al di là di quello che pensavamo, anche solo un anno fa. Ci ha (ri)messo di fronte alla realtà che ogni forma di vita su questa terra è interconnessa, che le relazioni che abbiamo gli uni con le altre influiscono in maniera consistente sulla nostra forza vitale.

Questo tempo di Pentecoste ci richiama a vivere con responsabilità e gioia l’interconnessione che esiste e che abbiamo sperimentato tra esseri viventi. Non possiamo più evitare di tener conto che ogni nostra azione si ripercuote su tutti quelli che abbiamo intorno e sull’intero Creato. Questo è diventato evidente nella diffusione di questo coronavirus e, al punto in cui siamo, ce lo mostra la campagna vaccinale mondiale. Sembra proprio che l’efficacia della campagna dipenda dal fatto che i vaccini vengano somministrati al maggior numero di persone possibile, in maniera trasversale nei paesi e nelle fasce d’età e nelle fasce di reddito. Insomma, stavolta dobbiamo obbligatoriamente fermarci ad ascoltare e metterci in comunicazione con tutta l’umanità per poterne uscire, per poter inaugurare un tempo, quello sì, post-Covid19, fino alle estremità della terra.