4303213505_da3a8c86bd_c

Due giornalisti sudafricani arrestati denunciano torture

Emergono prove sempre più evidenti della feroce repressione operata dalle forze di polizia contro i manifestanti nel regno di Eswatini, una delle ultime monarchie assolute del mondo. 

Il quotidiano Maverick Citizen ha pubblicato ieri i filmati con scioccanti episodi di brutalità della polizia e di un omicidio e raccontato come ci sia stato un lavoro certosino di ricostruzione e di verifica delle fonti.

L’Ufficio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani (Ohchr) ha dichiarato un «uso sproporzionato e non necessario della forza; molestie e intimidazioni da parte delle forze di sicurezza nel reprimere le proteste della scorsa settimana, compreso l’uso di munizioni vere da parte della polizia».

Due giornalisti sudafricani, Cebelihle Mbuyisa, 28 anni, e Magnificent Mndebele, 24 anni,  della testata New Frame sono stati arrestati e ha dichiarato di aver subito torture dai soldati dopo essere stati fermati lungo un’autostrada vicino alla città di Matsapha domenica il 4 luglio scorso, mentre tornavano dalla copertura giornalistica del funerale di un uomo che sarebbe stato colpito a morte dalle forze di sicurezza durante le proteste: «siamo stati minacciati con armi da fuoco e le nostre macchine fotografiche e telecamere sono state sequestrate».

I giornalisti sono stati costretti a cancellare filmati e fotografie dal funerale, comprese le interviste realizzate a persone che sono state colpite e ferite in occasione degli scontri.

Un altro giornalista swazi, dell’Independent News, Andile Langwenya, era già finito in ospedale il 25 giugno scorso dopo essere stato (presumibilmente) colpito dai gas lacrimogeni dalla polizia nella capitale, Mbabane.

Langwenya seguiva quella che doveva essere una marcia di consegna di petizioni dall’elettorato al loro membro del Parlamento.

Il Comitato per la Protezione dei Giornalisti (Cpj) ha scritto una lettera chiedendo la cessazione della violazione della libertà di stampa.

L’Ohchr nella nota del 6 luglio ha invitato «il governo a garantire che vi siano indagini tempestive, trasparenti, efficaci, indipendenti e imparziali su tutte le accuse di violazioni dei diritti umani, comprese quelle da parte del personale delle forze dell’ordine nel contesto delle manifestazioni, e che i responsabili sono tenuti a risponderne».

Le proteste nel Regno di Eswatini sono iniziate dopo il ritrovamento del corpo di un leader dell’Unione nazionale degli studenti dello Swaziland, Thabani Nkomonye, ​​il 9 maggio scorso.

Il caso non pare isolato e di fronte alla impunità delle forze dell’ordine la protesta studentesca si è rapidamente diffusa e ha raccolto il sostegno popolare intorno alla campagna #JusticeforThabani.

Il malcontento verso le restrizioni delle libertà civili e politiche, gli abusi e la corruzione, unite alla grande disoccupazione giovanile e mancanza di risposte alla crisi economica, ha portato tre membri del parlamento a chiedere precise riforme economiche e politiche, in primis l’elezione diretta del primo ministro (attualmente, il primo ministro è nominato dal re, come due terzi del senato), incoraggiando i cittadini a presentare petizioni a sostegno di queste riforme. 

Di fronte alla mobilitazione di migliaia di cittadini che hanno iniziato a presentare petizioni nelle varie circoscrizioni amministrative, il governo ha risposto con il blocco delle petizioni.

La chiusura dell’unica possibilità di dialogo democratico e la totale mancanza di risposte ai problemi sollevati ha scatenato proteste di massa che sono state duramente represse con l’intervento dell’esercito, il blocco di internet e oscuramento dei social media.

La Southern African Development Community (Ssdc), organizzazione regionale di stati membri che promuove la cooperazione e integrazione regionale, ha inviato una missione urgente di verifica della grave situazione di instabilità e di violenze nel paese.

La società civile e i partiti politici (che non possono registrarsi nel paese) hanno presentato un comunicato congiunto che chiede tra le altre cose lo sblocco totale dei partiti politici, un’autorità esecutiva transitoria e una nuova costituzione democratica.

Il Southern Africa Litigation Centre ha aperto una causa per incostituzionalità rispetto alla censura operata alla libertà di stampa e la blocco di internet, che permane nel paese.

Si moltiplicano intanto le richieste degli organismi delle Nazioni Unite, di Amnesty International e di altri rappresentanti della società civile dell’Africa Australe e a livello internazionale per un’indagine indipendente sulle denunce di uccisioni, torture e rapimenti.

Ricordiamo che lunedì 12 luglio si terrà a Roma l’Assemblea nazionale di Articolo 21 liberi di… Associazione per la libertà d’informazione dalle 18 presso la Casa internazionale delle donne. www.articolo21.org

 

Foto di …your local connection: bandiera dello Swaziland