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Acqua, Islam e Arte

La mostra “Acqua, Islam e Arte” si sposta dall’Italia e sancisce la collaborazione tra istituzioni culturali italiane e degli Emirati Arabi.

Il fulcro del percorso è il bene più prezioso: l’acqua, soprattutto per le latitudini dove il deserto fa parte del panorama. Un panorama, tra l’altro, che ha visto nascere tutte e tre le principali religioni monoteiste.

Una collaborazione che arricchisce visitatori e organizzatori, ma che mette in luce più che altro, le similitudini tra culture.

Curatore per la nuova edizione della mostra, che nel 2019 era al Museo d’Arte Orientale di Torino, è Giovanni Curatola, professore all’università di Udine che ha collaborato con lo Sharjah Museum of Islamic Civilization.

«L’impostazione generale è rimasta la stessa – racconta Curatola – Il percorso è suddiviso in quattro sezioni; la prima dedicata alla religione, la seconda sull’uso dell’acqua nella vita quotidiana, la terza su una specificità che non è solo del mondo islamico ma qui, soprattutto in epoca medievale, diventerà caratteristica con gli Hammam, e l’ultima sezione dedicata al giardino, che si riaggancia alla prima sulla religione perché il giardino dell’Islam rappresenta il paradiso».

Alcune differenze rispetto alla mostra di Torino sono obbligate per via di opere in prestito che sono state restituite, e un importante nuovo nucleo a cui è stato dato più risalto, ovvero le opere del museo di Sharjah che hanno integrato e arricchito il percorso.

L’acqua come fonte di vita è il concetto intorno al quale si sviluppa tutto la mostra; un messaggio talmente fondamentale da poter essere sostenuto da tesi teologiche, artistiche e scientifiche.

«È interessante – dice Curatola –  che negli ultimi decenni i paesi islamici stiano riscoprendo la grandezza della loro civiltà e della loro cultura. Per noi si tratta di acquisire altri punti di vista, ma è significativo che anche loro trovino un orgoglio culturale che non era del tutto scontato. Per chi si occupa di questo è normale: a Firenze per esempio, abbiamo opere di arte islamica nelle collezioni della famiglia Medici. Erano abituati a trattare con l’Islam, o meglio, le elite erano abituate a trattare con l’Islam. Oggi questa riscoperta per me risulta come la riuscita di un lavoro portato avanti da anni ed è molto gratificante la considerazione per questa civiltà e per l’arte, che è una delle sue espressioni più alte».

Per chi invece non ha a che fare con l’arte, ha ancora molto da scoprire rispetto a questa cultura, anche perché c’è ancora l’abitudine di accorpare tutte le espressioni artistiche legate all’Islam in un unicum poco significativo. Allo stesso tempo capitano esposizioni più mirate, per esempio dedicate ai tappeti, alle ceramiche, incentrate su un periodo, oppure, come questa nata a Torino, su una tematica particolare con la quale l’Islam ha una grande relazione, ovvero l’acqua.

Conclude Curatola: «Continuo a dire e a scrivere, rispetto all’Islam ma anche in generale, che sono molti di più gli elementi che ci uniscono che quelli che ci dividono. Tra istituzioni bisogna cercare di esaltare gli elementi in comune che sono tanti, a partire dall’attenzione alla qualità degli oggetti e delle offerte culturali. Ma anche dal punto di vista della religione, siamo tutti figli di Abramo e monoteisti. Questa è la cosa straordinaria, l’unicità di Dio che nasce in un deserto: l’infinità dei granelli di sabbia che porta l’uomo a pensare che c’è un solo Dio, che poi si declina in maniera diversa, ma questo è».