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Chi ama l’Europa?

Chi ama l’Europa? Quella occidentale, ovviamente, di buona parte dell’altra quasi ci vergogniamo, pur essendo sorta dalle ceneri di un regime che avrebbe dovuto educare alla solidarietà verso i più deboli, agli ideali, non della libertà (questa no, può essere pericolosa: dare spazio ai nemici, a quelli che la libertà non la vogliono!) ma dell’eguaglianza sì. Parentesi: eppure quell’altra Europa esiste eccome e la storia ce lo confermerà sempre di più. Ecco, chi ama l’Europa occidentale, mosaico di terre illuminate da una solida coscienza dei diritti, del bene collettivo preminente su quello individuale? Terre che la democrazia se la sono conquistata a suon di guerre e rivoluzioni in cui uomini e donne ci hanno rimesso la pelle. Europa che, però, ha al suo passivo il colonialismo, la Shoah, ampio e diffuso razzismo e un retropensiero costante di essere pur sempre la migliore, non fosse altro per quel modo di chiedere perdono a mezzo mondo che da Wojtyla in poi ne ha fatto di strada!

Pensiamo davvero che le persone che emigrano dai loro Paesi verso i nostri lo facciano perché vi vedono la terra promessa? E se così fosse, a quante delusioni vanno incontro? Quando si accorgono che molti, troppi diritti sanciti in Carte e Costituzioni, son lettera morta: lavoro, parità di genere, accesso alle cure sanitarie e a un’istruzione dignitosa, non il parcheggio fino a 16 anni mentre i figli delle classi dirigenti frequentano i college all’estero. L’elenco potrebbe continuare.

L’arrivo dei profughi afghani innanzitutto mette allo scoperto la grande sfida. O la si coglie adesso o potrebbe essere troppo tardi. Una sfida per l’Europa: se diamo lezioni agli altri, dobbiamo dimostrare di essere credibili. E smetterla di voler risolvere tutto con i soldi. L’ Occidente da tempo sta danzando attorno al vitello d’oro. Quale visione di società si sta profilando? Ancor più classista: tanta ricchezza nelle tasche di pochi, un’amministrazione pubblica che sebbene digitalizzata (chissà quando) resta elefantiaca, un’imprenditoria asfittica, legata alle mammelle dello Stato?

Lavorare conta sempre meno, quello che conta è essere messi nelle condizioni di spendere, di essere dei bravi consumatori, degli acquirenti compulsivi, anche da casa col Covid, tanto c’è Amazon. Un neo, post, ma sempre di capitalismo si tratta, dalla faccia buona, ma col solito cuore predatorio, capace di fagocitare e introiettare nel suo sistema ricchi e poveri insieme, uniti nella felicità del bancomat. In questo modo la povertà non si elimina – poiché il suo indotto è funzionale – ma le si dà assistenza. Quindi, quando noi europei occidentali parliamo dei nostri sacri valori universali a quale società stiamo pensando?

Le parole non bastano, anzi producono rabbia quando smentite dai fatti. Perché è ora di scendere dall’empireo delle sublimi idee, alzare il velo dell’ipocrisia e della retorica, e guardare con coraggio la realtà. Primo: una parte di mondo, almeno la metà ma forse di più, non condivide i nostri valori e la nostra democrazia. Possiamo ritenere che appartengano a una specie sub-umana o che siano ad uno stadio evolutivo inferiore al nostro. Perché è questo che molti di noi pensano, a partire dai nostri governi.

Nel mucchio, ahimè, non ci sono soltanto Isis, talebani, Boko Haram, ma Russia e Cina, per esempio. Ma anche all’interno dei nostri Paesi non esiste un’etica condivisa. Se ne deduce che la cosiddetta “guerra di civiltà” in realtà già è in atto. Chiamiamola in altro modo, ma la sostanza non cambia: visioni diverse dell’uomo e dei rapporti umani, dei principi che devono essere posti alla base di una società e di una forma statale, degli strumenti di cui le persone si dotano per governarsi.

Se le chiese cristiane non vogliono unirsi al coro che grida “pace, pace quando pace non c’è” e, dall’altro, non vogliono cadere nella trappola del suprematismo occidentale, predichino sulle pietre d’inciampo. Sì, anziché pontificare certezze, di cui da Macron, Draghi per finire a Baradar, è piena la terra, consentiamo alla parola del Signore di parlarci là dove ci è scomoda. Alcuni esempi. Esiste una guerra giusta? Gesù pensava di no, ma noi forse dissentiamo. Riusciamo ad amare i nostri nemici? Gesù sì, noi no, sempre meno. Non si fa altro che dividere i buoni dai cattivi, tracciare identikit politico-sociali-culturali-etico-religiosi.

Non siamo solo incasellati dalle piattaforme multimediali, ma ci auto-incaselliamo. Come se l’umano, ogni umano fosse perfettamente coerente. Invece ogni realtà vivente è contraddittoria e complessa. Lo erano Zaccheo, Nicodemo, Simon Pietro, zelanti farisei che ascoltavano Gesù perplessi e inquieti. Chi perderà la propria vita a causa del Vangelo la salverà. Ma oggi, partiamo proprio da noi europei d’Occidente, chi è disposto a spendere la propria vita? Per chi e che cosa vale la pena morire? Se la risposta è negativa, forse siamo di fronte a una mutazione genetica di cui prendere atto e su cui confrontarsi.