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L’esperienza arricchente del nostro rapporto con il testo biblico

Sabato 9 ottobre si è tenuta a Roma l’inaugurazione dell’Anno accademico 2021-2022 della Facoltà valdese di teologia. Dopo la pausa dettata dall’emergenza dello scorso anno, si è ritornati a usufruire degli spazi dell’aula magna di via Pietro Cossa, pur limitando la partecipazione in presenza agli studenti residenti e ai rappresentanti degli organismi delle nostre Chiese, ma senza dimenticare i tanti interessati fuori Roma, ai quali è stato possibile anche seguire l’evento in diretta mediante la pagina Facebook della Facoltà. In questo modo, si è inaugurato anche il nuovo corso della modalità mista per le lezioni prevista per l’Anno accademico, ormai consolidato dalle positive esperienze dello scorso anno per gli studenti e le studentesse di tutti i corsi in Facoltà.

La prolusione, introdotta dalle parole di ringraziamento e saluto del neoeletto decano prof. Lothar Vogel, è stata presieduta dal prof. Oswald Bayer, professore emerito di Teologia sistematica presso la Facoltà di Teologia dell’Università di Tübingen, e tra i più autorevoli rappresentati della teologia evangelica della seconda metà del secolo scorso, il quale, tra le altre cose, ha ricordato con gratitudine il periodo di studi giovanili svolto a Roma, e ha preferito esprimersi in lingua italiana – di lui è presente, nel catalogo dell’editrice Claudiana, il volume La teologia di Martin Lutero.

L’intervento del prof. Bayer, dal titolo L’ultima parola di Lutero: l’“Eneide divina”, si è incentrato sull’esegesi di un curioso biglietto manoscritto del riformatore di Wittenberg, composto poco prima della sua morte, che recita, in traduzione italiana dello stesso professore: «Nessuno comprende Virgilio nelle Bucoliche e nelle Georgiche senza essere stato pastore o contadino per cinque anni./ Secondo me, nessuno comprende Cicerone nelle sue lettere,/ se non si è adoperato per vent’anni in uno Stato importante./ Nessuno pensi di aver gustato a sufficienza le Sacre Scritture,/ se non ha governato le comunità assieme ai profeti per cento anni./ Non provare a essere padrone di questa Eneide divina,/ ma adora umilmente le sue tracce!/Siamo mendicanti. Questo è vero».

Attraverso le parole di Lutero, che parafrasa il poeta latino Stazio nel paragonare le Scritture all’opera di Virgilio, il prof. Bayer ha condotto gli ascoltatori nella profondità e nella serietà della teologia luterana rispetto al rapporto con le Sacre Scritture, ai limiti interpretativi e cognitivi dell’essere umano, e alle tentazioni che tale rapporto sempre comporta. La riflessione del riformatore capovolge il senso autocelebrativo del verso di Stazio per sottolineare il carattere precario e sempre parziale dell’esperienza esegetica in relazione al testo biblico, calato nella realtà contraddittoria dell’essere umano, che può manifestarsi soltanto nella consapevolezza della gratuità della grazia divina in relazione al nostro essere mendicanti sulla terra. Una riflessione genuinamente teologica, dunque, condotta a partire da un testo carico di esperienza concreta, viva, scritto da un uomo ormai prossimo al termine della sua esistenza terrena.

In perfetta continuità con il contributo del prof. Bayer è stata poi la predicazione del decano della Facoltà valdese, il prof. Vogel, il quale, domenica 10 ottobre, ha presieduto il culto di apertura dell’Anno accademico, ospitato dalla chiesa valdese di via IV Novembre, a Roma. A partire dalle parole attribuite all’antico re di Giuda Ezechia nel cantico di Isaia 38, 9-20, il prof. Vogel ha evidenziato la peculiarità del linguaggio biblico come riflessione teologico-esperienziale nella poeticità della preghiera, del salmo, per poi meditare sulla differenza del nostro modo di fare teologia come “metariflessione” sul nostro rapporto con il divino. Il decano ha insistito sul fatto che, se da un lato la teologia non è semplicemente questione di formazione o professione, ma un coltivare un rapporto alla portata di ogni credente, dall’altro lato la peculiarità del teologo consiste nel possedere strumenti specifici atti a comprendere il proprio rapporto con le Scritture in relazione alla loro complessità e pluralità, riflettendo anche su che cosa si rischia di immettere involontariamente nel testo, nell’atto di interpretarlo.

In questo senso, la teologia come metariflessione sul nostro culto, e in definitiva sul nostro rapporto con Dio, risponde a una profonda esigenza di testimonianza ma anche di fedeltà al primo comandamento. Se infatti ritenessimo di poter racchiudere in qualche affermazione filosofica la ricchezza e la straordinaria complessità dei testi biblici in relazione a Dio e alla nostra stessa vita umana, probabilmente ci esporremmo alla stessa tentazione di cui già parlò Lutero, e inevitabilmente finiremmo a proiettare sul nostro culto scenari idolatrici senza neppure accorgercene. In questa prospettiva, la teologia diventa una forma essenziale di rispetto e cura nei confronti dei testi, delle persone e, in ultima analisi, di noi stessi in relazione a Dio.

Con la profondità di queste parole si apre dunque un nuovo anno accademico alla Facoltà valdese, che ci auguriamo sia un’occasione buona di formazione, crescita, cura ed edificazione per ogni persona coinvolta, ma anche, e forse in primo luogo, per la vita delle nostre chiese evangeliche, perché gli studi teologici possano, mediante l’azione dello Spirito Santo, confermare vocazioni e suscitare nuovi ministeri per amore di Gesù Cristo e la sua Chiesa.

Qui il video della prolusione