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La lode che nasce dall’ascolto di Dio

Dio mio, di te mi ricordo nel mio letto, a te penso nelle veglie notturne 
Salmo 63, 6

Ora conosco in parte; ma allora conoscerò pienamente, come anche sono stato perfettamente conosciuto 
I Corinzi 13, 12

Il versetto 6 del Salmo 63 non è che un frammento di una preghiera ben articolata con cui il Salmista esprime tutto il suo trasporto nei confronti di Dio: al v. 1: di te è assetata l’anima mia, a te anela il mio corpo; e ai vv. 2 e 3 ,per citarne solo alcuni: ti ho contemplato nel santuario, per veder la tua forza e la tua gloria. Poiché la tua bontà vale più della vita, le mie labbra ti loderanno. Parole di ammirazione, come espressioni pensate per una persona amata, di cui si lodano le qualità profonde forza, gloria, bontà, non già l’effimera apparenza esteriore.

Spesso, nei salmi, il riferimento al letto ricorda condizioni di malattia. Questo non sembra essere il caso in questo salmo. Il parallelismo tra ricordo/letto e penso/veglie notturne ci riporta al v. 2 del Salmo 1 (beato l’uomo… il cui diletto è nella legge del Signore, e su quella legge medita giorno e notte): l’uomo che viene chiamato beato medita, studia, ripassa notte e giorno la legge del Signore e in ciò trova diletto, perché non vede distanza tra la legge del Signore e il Signore stesso. Quella legge gli parla di Dio come di una persona che ama e che ci invita all’amore. La legge del Signore, come la sua parola non sono codici freddi, barriere che ci separano dalla sua santità e dal suo amore. 

Dio ci parla anche con la sua legge, e il suo è un discorso dolce che ci fa innamorare, nel quale scorgiamo la sua forza e la sua gloria, assieme alla sua bontà. Ora, nell’ascolto di Dio che ci parla, sgorgano dal nostro cuore parole di lode e affiorano sulle nostre labbra canti di gioia.