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Leaving violence. Living safe

 

Il 10 dicembre scorso D.i.Re – Donne in rete contro la violenza ha presentato un nuovo strumento realizzato in partnership con l’UNHCR, l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, nell’ambito del progetto Leaving violence. Living safe. Si tratta della prima lista a livello nazionale di mediatrici linguistiche e culturali  formate specificamente per il supporto alle donne richiedenti asilo o rifugiate che sono state vittime di violenza.

L’intero progetto nasce a seguito di una ricerca e di alcune iniziative pilota che erano state condotte a partire dal 2016 da D.i.Re e che riguardavano la situazione delle donne e delle ragazze straniere in situazioni di tratta e di violenza al momento del loro arrivo in Italia. L’obiettivo che si propone l’iniziativa è di «supportare progetti di fuoriuscita per donne richiedenti asilo e rifugiate, facilitando il loro accesso ai centri antiviolenza della rete D.i.Re. e ad altri servizi sul territorio», spiega Rebecca Germano, una delle coordinatrici dell’iniziativa.

Le attività più importanti su cui si incardina Leaving violence. Living safe riguardano la «formazione rivolta a operatrici e mediatrici linguistico-culturali per rafforzare la nostra capacità di rispondere ai bisogni specifici delle donne, e poi delle attività di networking per rafforzare la nostra rete sul territorio: nei percorsi di fuoriuscita dalla violenza, in particolare per richiedenti asilo e rifugiate che hanno dei bisogni molto caratterizzanti la loro situazione, serve il lavoro multi agenzia con molti attori coinvolti», continua Germano. A queste vengono affiancate delle «attività di outreach, quindi per conoscere donne richiedenti asilo e rifugiate, presentare loro il lavoro dei centri antiviolenza e facilitare in un secondo momento l’arrivo di queste donne e la richiesta di supporto».

Se fino a questo momento il progetto era condotto in maniera quasi sperimentale, «ora caratterizza fortemente la rete D.i.Re – continua Rebecca Germano – Abbiamo sempre cercato di valorizzare il ruolo della mediatrice linguistico-culturale perché è centrale nei percorsi di fuoriuscita dalla violenza ed è centrale nel dialogo e nella costruzione di fiducia». Da qui la volontà della rete D.i.Re di promuovere formazioni specifiche, in modo da valorizzare una figura che superasse il semplice ruolo di interprete ma «fosse una professione specializzata nel supporto».

Ora, grazie alla pubblicazione della lista delle mediatrici, le donne vittime di violenza ma anche gli operatori a livello nazionale avranno uno strumento in più: chi avrà bisogno «di una lingua specifica, di una cultura specifica … possono attingere a questa lista e attingere alla competenza di una professionista formata», spiega Germano.

Fino ad ora il progetto ha coinvolto 395 donne richiedenti asilo e rifugiate che sono state supportate dai centri antiviolenza D.i.Re: le loro storie sono molto differenti, ma tutte vivono o hanno vissuto situazioni di violenza non solo nel loro Paese di provenienza, ma spesso anche durante il loro itinerario di migrazione e infine nel Paese di arrivo, in questo caso l’italia.

Non si tratta quindi di una problematica che riguarda esclusivamente un contesto, un solo Stato o una sola cultura. «Se consideriamo che una donna su tre nel mondo ha subito violenza fisica o sessuale nel corso della sua vita, capiamo bene che la violenza non può essere attribuita esclusivamente a una cultura», continua Rebecca Germano. Da questo punto di vista risulta essere molto semplicistica la narrazione che spesso viene portata avanti a livello dei grandi media che imputa violenze, violazioni dei diritti e situazioni di sottomissione a determinati contesti culturali, spesso estranei all’Occidente. «La violenza di genere non è un tema selettivo verso una cultura. Le donne richiedenti asilo e rifugiate sono particolarmente soggette a violenze, perché partono da una situazione sociale differente, soprattutto nei Paesi di destinazione», conclude Germano.