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La luce e la presenza di Dio

Il Signore gli disse: «Io farò passare davanti a te tutta la mia bontà, proclamerò il nome del Signore davanti a te; Io farò grazia a chi vorrò fare grazia e avrò pietà di chi vorrò avere pietà» 
Esodo 33, 19

Voi conoscete la grazia del nostro Signore Gesù Cristo il quale, essendo ricco, si è fatto povero per voi, affinché, mediante la sua povertà, voi poteste diventare ricchi
II Corinzi 8, 9

La teoria della giustizia retributiva viene spesso usata come un’arma, e delle armi ha tutte le insidie. Può offrire consolazione e incitamento, contiene lo spirito nei momenti in cui è impegnato nelle lotte più dure – chi siamo noi per giudicare le sofferenze sparse nella storia? –  ma non spiega l’ineludibile, l’immensità del dolore innocente, contro cui naufraga. Il testo biblico ne è ben consapevole e mai come quando se ne tratta è importante non isolare il singolo passo, mettere “Bibbia contro Bibbia”. Giobbe, imprescindibile trattato sulla sofferenza, inserisce la giustizia retributiva nel finale del racconto di cornice, dopo averla contorta e torturata in ogni modo possibile in tutto il suo svolgimento.  Un interessante personaggio, uno sceriffo di origine pakistana in una bella serie Netflix (Midnight Mass, sui vampiri), pronuncia una vera e propria requisitoria contro la fame di miracoli, argomentando, da profondo credente, che se Dio beneficasse una persona qualsiasi in una comunità a caso e trascurasse un qualsiasi sofferente nel mondo, tutta la sua fede verrebbe a crollare. Dall’altro lato abbiamo la copiosa messe di racconti di miracoli dei Vangeli, e il loro fardello di luce e speranza, che non possiamo eludere. E se fossero proprio questo il miracolo e il messaggio: la luce e la speranza, e non i crudi fatti? Noi che mangiamo tutti i giorni al caldo cosa possiamo dire sul cibo che nutriva gli animi dei primi cristiani?

Il frammento tratto da Esodo di cui parliamo appartiene al capitolo del rinnovo dell’alleanza e segue direttamente gli effetti speciali della vicenda del vitello d’oro e delle sue conseguenze. Di solito queste poche righe rimangono in ombra. Il Signore risponde evasivamente all’angoscia di Mosè sul destino del popolo e sul proprio, ma gli assicura presenza e luce. Alla richiesta di mostrargli la sua gloria, risponde che gliene mostrerà un riflesso, e che non potrà comprendere le sue decisioni. Altro non si può dire, e il testo tace.