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La gioia, parte di una rivolta spirituale contro la stagnazione

Isabella Guanzini, teologa italiana che insegna all’Università Cattolica di Graz, in Austria, mette in chiaro fin dal sottotitolo qual è lo scopo del suo ultimo libro*: offrire una cura per le malinconie del presente. Da molte parti, infatti, si nota come il nostro Paese, e con lui tutto l’Occidente, sia colpito da un malessere che i due anni di Covid 19 hanno accentuato: «c’è addirittura chi ha parlato di età del rancore, attraversata da onde di aggressività e di risentimento incontenibili» (p. 8). Non è storia di oggi, ma certo la pandemia ne ha esasperato i toni.

Esiste una cura? Esiste, ed è la gioia. Ma che cos’è la gioia? Essa non è certamente la risata sguaiata di chi pensa che la vita debba essere soltanto divertimento e appagamento dei propri desideri. Essa è innanzitutto ribellione, protesta; ma è anche nostalgia e volontà di mettere in circolo la leggerezza, afferma la nostra autrice. La gioia nasce dall’amore, che è ciò che rende la vita degna di essere vissuta. «La gioia che ne deriva non è per questo senza rischi», ci avverte Guanzini: si tratta infatti di attraversare dei territori non ben conosciuti o addirittura minacciosi, ma da cui pure ci si sente attratti e che si sono scelti con determinazione. È così che la gioia è «quella dell’incanto, ed è veramente meritata perché è propria di chi non si sognerebbe mai di meritarla…». «…ha la forma di una chiamata che trae fuori da una condizione di ristagno, per rimettere in moto l’esistenza verso ciò che le è proprio» (p. 132). La risposta alle difficoltà del presente non sta tanto (o soltanto) in una serie di scelte economiche, che pure sono importanti; ma in una crescita che definirei spirituale che coinvolge, assieme agli aspetti esterni della vita anche gli aspetti intimi come, appunto, la gioia – o la tenerezza, per riprendere il titolo di una recente opera della stessa autrice**.

Non penso di ripercorrere qui tutto il libro, così denso e pieno di sollecitazioni che giungono da un confronto con l’arte, la filosofia e la Bibbia. Mi limito a riprendere due metafore, due immagini che mi hanno particolarmente colpito e che mi pare sintetizzino la proposta dell’autrice. La prima invita a guardare i bambini che giocano, per comprendere come noi dobbiamo ri-creare il mondo per uscire dall’ansia del presente: i bambini sono infatti capaci di dare un nuovo significato agli oggetti che utilizzano. In loro, la fantasia diventa realtà e nel gioco prende forma, come in un atto creativo, la fitta trama delle relazioni fra loro e le cose. Nel teatro dell’immaginario infantile si realizza così l’esperienza di un mondo nuovo che si apre e si dispiega per e con il bambino, dando vita a qualcosa che non c’era (p. 13). Il bambino crea, giocando, un mondo nuovo. O un modo nuovo di essere al mondo – che dovrebbe insegnare molte cose agli adulti.

La seconda immagine riprende la parabola dei talenti (Matteo 25, 24-30). In questo racconto di Gesù, il messaggio centrale sta nell’avvertimento che non possiamo addormentarci nell’attesa del Regno o chiuderci in un intimismo autocentrato; ma dobbiamo essere attivi e saper spendere bene il talento che ci è stato affidato, anche rischiando, se necessario. Ciò significa anche sapersi mettere in gioco, facendo le scelte necessarie. Questo è tanto più vero in un tempo come il nostro, in cui i criteri di giudizio cambiano molto in fretta. I primi due servitori della parabola sono lodati proprio perché hanno saputo mettersi in gioco, non perché hanno guadagnato tanto; mentre il terzo servitore viene condannato perché non ha fatto fruttare il suo talento, immobilizzato dalla paura del giudizio del suo Signore – dimostrando con questo atteggiamento di non riconoscerlo come il Padre amorevole. Certamente non abbiamo qui un invito ad adattarsi alla società dell’accelerazione, dove tutto deve andare velocemente e chi si ferma è perduto; è piuttosto un appello a uscire dall’immobilismo, dalla stagnazione ed è anche una critica a una certa ideologia sociale e religiosa dell’identità e della sicurezza, che restano lontane dalla possibilità di amare ciò che è altro e di gioire di questo (p. 162). Il libro è dunque un invito a liberarsi dalle paure e dagli impacci che negli ultimi anni hanno appesantito ulteriormente le nostre vite e a restituire a esse forza e senso.

* Isabella Guanzini, Filosofia della gioia. Una cura per le malinconie del presente. Milano, Ponte alle grazie, 2021, pp. 176, euro 14,50.

** Tenerezza. La rivoluzione del potere gentile, Ponte alle grazie, 2020.