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Le Valli valdesi fra paesaggio e cartografia

«Conoscere il paesaggio attraverso la cartografia» è il titolo di un convegno organizzato a Torino (Auditorium Vivaldi, a partire dalle ore 14 di lunedì 14 marzo) per interessamento della Biblioteca Nazionale Universitaria, in occasione della “Giornata nazionale del paesaggio”. Al convegno partecipano diversi relatori legati al mondo valdese, alla cultura delle valli alpine del Pinerolese e alla storia valdese.

Dopo i saluti iniziali, Maria Luisa Sturani e Paola Presenda (Università di Torino) affrontano il tema «Il paesaggio nello specchio della cartografia topografica: registrazioni, deformazioni, silenzi». A seguire Ettore Peyronel (Società di Studi valdesi) parla su «Sguardi e approcci alla rappresentazione di un’identità territoriale: il caso delle valli Chisone e Germanasca». A seguire Marco Fratini (Fondazione Centro culturale valdese) interviene sul tema «Le Valli valdesi: rappresentazioni cartografiche e immaginario paesaggistico dal XVII al XIX secolo» e Bruno Usseglio (Ente di gestione Aree protette delle Alpi Cozie) su «Le terre alte: elementi del paesaggio e rappresentazioni tematiche delle Alpi Cozie».

A Marco Fratini abbiamo chiesto quale sia stata l’evoluzione dei rapporti fra l’elemento paesaggistico e la sua rappresentazione grafica/iconografica: «La rappresentazione di un territorio – ci dice – nasce da esigenze di volta in volta differenti, o amministrative (carte topografica a piccola scala, di possedimenti di una persona o un ente, per esempio) o propagandistiche (le grandi carte a stampa del Seicento, spesso pubblicate per magnificare la potenza di un sovrano), oltre che funzionali agli spostamenti (per esempio alla navigazione). Nella carta sono utilizzati molti elementi che si vanno codificando anche dal punto di vista iconografico e simbolico (montagne e fiumi, ma anche tracciato dei confini e cartigli descrittivi, scale di distanze e rose dei venti). Alcuni elementi riguardano il paesaggio, e sono assai dettagliati perché devono raffigurare gli usi antropici (coltivazioni, bealere ecc.) funzionali alle finalità con cui sono state prodotte».

– Esistevano nei precedenti nella storia dell’arte?

«Questa in realtà è una forma di rappresentazione del paesaggio differente da quella che, per esempio, compare nella pittura rinascimentale, anche se spesso quest’ultima contiene elementi sia evocativi, sia descrittivi (per esempio, i dipinti di Leonardo da Vinci non sono, come sappiamo, privi di interessi anche tecnici dell’autore per il paesaggio e le sue caratteristiche agronomiche e per i rilievi montuosi). La raffigurazione pittorica vivrà sempre questa ambivalenza, con sbilanciamenti verso uno o l’altro polo, soprattutto quando, fra Sei e Settecento, la pittura di paesaggio diverrà un genere autonomo, ma mai disinteressato del dato rilevato dall’occhio dell’osservatore. La cartografia, nel frattempo, continuerà a specializzarsi nella descrizione dettagliata e sempre più precisa della realtà (come nelle fonti catastali), ma mantenendo ancora a lungo un interesse per gli aspetti paesaggistici e talvolta, nella cartografia della prima età moderna, tracce di un coinvolgimento emotivo nei confronti del territorio descritto».

– Venendo al caso specifico, che cosa possiamo dire delle Valli valdesi?

«Il caso delle Valli valdesi è emblematico dell’unione fra esigenze oggettive della rappresentazione di un territorio con quelle della cartografia come manifestazione propagandistica. Le valli Pellice, Chisone e Germanasca, oggi note come “Valli valdesi»”, non hanno mai costituito, con questo nome, un distretto amministrativo ma la denominazione, utilizzata nel linguaggio comune, ha un’origine culturale, come prodotto del processo storico nel corso degli ultimi quattro secoli, legata alla presenza storica dei valdesi. Le Valli valdesi sono oggetto di osservazione e raffigurazione a partire soprattutto dagli anni Trenta dell’Ottocento, ma la loro descrizione come realtà omogenea ha una lontana origine nella cartografia seicentesca, a cui risale la prima carta prodotta dai valdesi stessi. Ne è autore il pastore Valerio Grosso. La sua carta fu pubblicata dapprima nel libro di Samuel Morland (1658) che narra la storia valdese e la cronaca delle Pasque Piemontesi del 1655, ma subisce un cambiamento decisivo nella Storia dei valdesi pubblicata dal pastore e moderatore Jean Léger, esule nei Paesi Bassi. Nell’angolo a sinistra in alto è infatti inserito un ovale contenente un candeliere acceso, contornato da sette stelle e dal motto “Lux lucet in tenebris”. Le montagne che avvolgono in un abbraccio protettivo un territorio familiare e ben coltivato come un giardino, illustrano adeguatamente il messaggio di Léger. L’elaborazione di questa immagine cartografica, in cui un vessillo identifica uno spazio fisico definito con una realtà confessionale, costituisce, nell’opera di Léger un chiaro parallelo fra testo e immagine, una dichiarazione di identità territoriale».

– Quali possono essere stati ulteriori momenti di svolta?

«Il secondo grande cambiamento nella storia della rappresentazione cartografica delle Valli si ebbe a fine Seicento, quando attraversò modificazioni anche sotto il profilo della denominazione. Se inizialmente la denominazione diventa «le quattro valli … già Seggio delli Calvinisti, detti Barbetti, cacciati dall’Armi di S.M. Cristianissima», o «… Estats du Duc de Savoye, dans les quels ce trouvent les Vallées des Vaudois ou Barbets», nella prima metà del Settecento si arriverà alla formula nota come Valli valdesi.

Nell’Ottocento, una volta consolidatasi nelle carte l’identificazione territoriale/confessionale, la raffigurazione del paesaggio da parte soprattutto dei viaggiatori britannici raggiunse forme proprie anche fuori dalla cartografia, nelle incisioni che ritraggono le Valli e le loro montagne, ma con un costante riferimento alla storia che quei luoghi hanno vissuto. Di lì alle “Termopili Valdesi” di De Amicis il passo è breve, fino ai luoghi storici di oggi, che sono un elemento fortemente caratterizzante il paesaggio delle Valli valdesi».

La «Giornata» del 14 marzo è stata istituita dal ministero della Cultura con l’obiettivo di «promuovere la cultura del paesaggio in tutte le sue forme e a sensibilizzare i cittadini sui temi ad essa legati».