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Si svuotano i granai e si riempiono gli arsenali

In tempo di guerra la chiarezza delle idee viene messa a dura prova dal groviglio della propaganda, della deliberata adulterazione della verità, e della insufficienza delle informazioni. Per cui diventa facile disorientarsi, finire nella paralisi di tutti i “se” e i “ma” possibili. D’altra parte ogni gravosa decisione si riversa pesantemente su chi la subisce: i soldati arruolati per la guerra, la popolazione civile alla mercé delle incursioni del nemico, e la graduale trasformazione della economia in economia di guerra, che sottrae risorse a chi è già in uno stato di indigenza. Questo accade in misura maggiore a chi è direttamente coinvolto nel conflitto, ma poi si estende anche agli altri Stati, soprattutto quelli più vicini, su cui ricade il compito di soccorrere i profughi, e incassare i contraccolpi economici di sanzioni che colpiscono anche chi le commina.

Così, nel quadro già molto precario della nostra economia, anche il nostro Paese è soggetto a questi aggravi che finiscono per rendere più difficile la vita a milioni di persone già fortemente provate dalla crisi prodotta dalla pandemia. E le chiese? E i cristiani? Che cosa possono fare per non cadere in questo stato confusionale generalizzato, per il quale, ogni idea appena dissonante da quella della maggioranza è mal sopportata?

Le chiese, come evidenziava in una recente meditazione il pastore Italo Benedetti, citando Dag Hammarskjöld, dovrebbero seguire «nel labirinto della vita, il filo di Arianna della risposta alla vocazione». Se non lo faranno, i cristiani si perderanno nel labirinto della irrilevanza e faranno da puntello a ragioni nazionalistiche del tutto estranee alla logica del Vangelo. Il filo di Arianna della vocazione delle nostre chiese evangeliche è stato ed è la testimonianza e l’impegno per la pace. Questo impegno ha negli anni assunto molti aspetti: dal richiamo al diritto dei minimi all’educazione alla pace, dalla formazione per la soluzione nonviolenta dei conflitti al contrasto al militarismo e in primo luogo, la responsabilità, domenica dopo domenica, di una predicazione del Vangelo mirata a “smilitarizzare le coscienze”, in primis le nostre. Insieme con altre chiese siamo stati coinvolti nel processo ecumenico «Giustizia, Pace e Salvaguardia del Creato». In particolare, in questi ultimi anni, anche mediante solenni impegni internazionali, come la Charta Oecumenica, siglata nel 2001, abbiamo riconosciuto la nostra vocazione in difesa del creato, per contrastare il riscaldamento globale del pianeta, alla ricerca di un diverso modello di sviluppo.

Qualche giorno fa il nostro Parlamento ha votato un ordine del giorno (collegato al decreto Ucraina) che impegna il governo ad «avviare l’incremento delle spese per la Difesa verso il traguardo del 2% del Pil» (oggi è all’1,5%). Secondo l’osservatorio Milex sulle spese militari, a regime, si passerà dagli attuali 25 miliardi l’anno (68 milioni di euro al giorno) a 38 miliardi l’anno (104 milioni al giorno). L’ordine del giorno è stato votato a larghissima maggioranza formata da partiti di destra e di centrosinistra.

L’incremento risponde a richieste che la stessa Nato aveva avanzato fin dai tempi della presidenza Trump. Evidentemente fino a questo momento la disastrosa situazione economica aveva sconsigliato la realizzazione di questo piano, per timore di un’indignazione dell’opinione pubblica. Quale migliore momento, dunque, per prendere una simile decisione? Tra le ragioni che vengono addotte è anche che, se si vuole una difesa europea, bisogna ammodernare il proprio apparato militare. E pensare che molti ingenui come me, avevano capito che una simile evenienza (una difesa europea), avrebbe invece ridotto queste spese, a beneficio di una ottimizzazione delle risorse.

Io credo e spero che i cristiani fedeli alla loro vocazione vorranno far sentire la loro voce forte e chiara. In parte, è necessario dirlo, la crisi bellica che stiamo vivendo è anche frutto proprio della politica di riarmo e di allargamento a est della Nato. Questo, beninteso, non toglie nulla all’invasione perpetrata da Putin nei confronti degli ucraini, ma richiede a una chiesa che vuole seguire un Maestro disarmato, di essere ferma nella sua vocazione alla pace e contro ogni logica di guerra. 

Tanti soldi destinati alla Difesa renderanno più indifesi milioni di persone, soprattutto quelle più vulnerabili, nell’accesso alle cure mediche, e ci saranno meno risorse per gli ammortizzatori sociali per i tanti caduti in disgrazia in questi ultimi due anni.

I cristiani in questi giorni sono impegnati ovunque in una costante preghiera per la pace. E molte chiese stanno rinsaldando i loro vincoli per un’azione comune di pace a vari livelli. Comunità di Sant’ Egidio, Federazione delle Chiese evangeliche, Diaconia valdese, Pax Christi, Caritas e tanti altri stanno operando contemporaneamente, e speriamo con un grado sempre maggiore di coordinamento, per dare soccorso alle vittime e rendere più incisiva la propria testimonianza per la pace. La preghiera comune sarà fonte di rinnovate energie spirituali per operare e anche per prendere posizione contro decisioni simili a quella presa dal Parlamento italiano. Se vuoi la pace, cercala e costruiscila quando sei ancora in tempo.