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«Sinodalità» e prospettive ecumeniche

«Il processo sinodale avviatosi per la Chiesa Cattolica offre importanti prospettive ecumeniche, che il convegno esplorerà in orizzonte interconfessionale. All’esame delle radici biblico-teologiche della prassi sinodale farà seguito il confronto con le forme in cui da sempre essa anima la vita di molte Chiese Evangeliche e Ortodosse», si legge nella pagina ufficiale del Segretariato Attività Ecumeniche (Sae) che presenta il suo prossimo Convegno (dal 23 al 25 aprile) negli spazi di Casa Aurora della Chiesa Avventista, che a Firenze ha la sua Facoltà Teologica. La nostra intervista alla presidente, Erica Sfredda.

Cosa s’intende precisamente quando si parla di «sinodalità»?

«Sinodalità è un neologismo che deriva dalla parola sinodale, ossia “del sinodo”, relativo dunque al sinodo e in senso ecclesiastico alle prescrizioni, alle decisioni, alle deliberazioni dell’Assemblea. Quanto la parola democrazia, sinodalità può esser letta e interpretata in modi differenti; se poi si affiancano i due termini insieme, sinodalità e democrazia – che qualcuno vede lontani tra loro –  si possono generare alcuni fraintendimenti. Eppure, le affinità tra le due parole sono dirimenti. La Chiesa ortodossa, ad esempio, è sinodale come lo sono molte chiese protestanti, eppure, l’interpretazione della sinodalità è differente. Anche la chiesa cattolica, apertasi recentemente alla sinodalità, affronta il significato profondo del termine da un’altra prospettiva. Per i valdesi, chiesa alla quale appartengo, “la sinodalità” prevede che siano proprio le chiese riunite in assise a prendere democraticamente le decisioni più importanti. Nella chiesa cattolica queste dinamiche sono diverse. Oggi, il cattolicesimo è arricchito da realtà di base, dunque, il percorso che si sta delineando è oggi ancor più interessante».

Come avete programmato i lavori della vostra assise?

«In modo interdisciplinare, interrogando la Bibbia e analizzando le basi teologiche del concetto di “sinodalità”. Analizzeremo il senso profondo vissuto all’interno delle chiese protestanti e ortodosse e in quella cattolica. Anche la chiesa cattolica presenteràai partecipanti il percorso intrapreso. Ritengo che emergeranno dibattiti profondi ricchi di parresìa evangelica, che contraddistingue tutti gli incontri del Sae; non escludo che l’attenzione possa essere rivolta anche alla situazione mondiale attuale, da tutti noi sofferta e nota».

Segretariato è certamente un sostantivo maschile, ma le attività ecumeniche sono declinate al femminile…

«Il Sae nasce dal pensiero di Maria Vingiani, donna che seppur non avesse mai preso parte attiva alle battaglie femministe era, di fatto, intimamente “femminista”; il gruppo teologico del Sae aveva sin dai suoi esordi, dunque, una donna cattolica al suo interno. La struttura del Sae nel suo “Dna” contiene un genoma plurale e attento alle questioni di genere».

Perché gli incontri del Sae sono così preziosi in ambito teologico e ecumenico?

«L’anima del Sae è la formazione, una costante; ci s’incontra e ci si conosce in presenza, questo è il dato importante. In ogni occasione si respira sempre un clima paritario. Sin dalle sue origini il Sae promuove la conoscenza reciproca, favorisce lo studio e la formazione. Nella vita assembleare e comunitaria si respira da sempre una dimensione relazionale che si concretizza grazie ai tavoli di discussione e di confronto; dimensione amplificata anche dalla vita quotidiana, dai momenti di convivialità. Gli incontri del Sae sono un’espressione concreta di con-vivenza, di con-vivialità e di con-divisione».

Non molto tempo fa aleggiava un certo disagio quando si guardava al «difficile cammino ecumenico», possiamo dire di aver superato quel precario equilibrio?  Parlare di una «Esquiarzeé» in atto (parola Occitana), ossia di una «schiarita dopo il temporale»…?

«Il dialogo ecumenico è sempre in cammino, potremmo dire in una perenne fase di aggiornamento, di riforma; oggi possiamo affermare di vivere nel tempo di un cammino ritrovato; da una parte purtroppo osserviamo un nuovo disinteresse nei confronti del cristianesimo che rischia di inficiare il percorso ecumenico; disinteresse che dev’essere affrontato e superato e per farlo le chiese devono muoversi insieme, unite. Possiamo però certamente affermare che rispetto al passato recente le confessioni cristiane hanno fatto passi importanti in avanti in tema di dialogo ecumenico e interreligioso, nuove aperture che a dispetto delle chiusure del passato pongono al centro il messaggio evangelico, la testimonianza».