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Ahmadreza Djalali sarà messo a morte entro il 21 maggio.

Dopo oltre 2180 giorni di detenzione, le autorità iraniane hanno annunciato che intendono eseguire entro il 21 maggio la condanna a morte di Ahmadreza Djalali, ricercatore esperto di Medicina dei disastri.

Il ricercatore di passaporto iraniano e svedese, che ha lavorato anche in Italia presso l’Università del Piemonte Orientale, è stato arrestato nel 2016 dai servizi segreti mentre si trovava in Iran mentre partecipava a una serie di seminari nelle università di Teheran e Shiraz e «si è visto ricusare, per ben due volte, un avvocato di sua scelta – rileva Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia -. Le autorità iraniane – prosegue – hanno fatto forti pressioni su di lui affinché firmasse una dichiarazione in cui “confessava” di essere una spia per conto di un “governo ostile”. Quando DJalali si è rifiutato è stato dunque minacciato di essere accusato di reati più gravi. Nel 2017 è stato condannato in via definitiva a morte con l’accusa di “spionaggio” in favore di Israele. L’esecuzione è stata più volte annunciata e poi sospesa a seguito delle pressioni internazionali».

Dunque, dal novembre 2020, Djalali non può più comunicare con la moglie e i due figli che vivono in Svezia. Le uniche informazioni sul suo conto, provenienti dai legali, parlano di un aggravamento preoccupante per la sua salute.

«In suo favore – prosegue Noury – si sono pronunciati oltre 120 premi Nobel in discipline scientifiche. Martedì 10 maggio a Novara, si svolgerà una manifestazione per lanciare un nuovo appello affinché la condanna a morte sia annullata e Djalali sia scarcerato e possa tornare a Stoccolma. L’avvocata di Djalali è andata ieri presso l’ufficio della Procura e le è stato confermato l’ordine di esecuzione. Domani, dunque, potrebbe essere l’ultima occasione per chiedere l’annullamento della sentenza», conclude Noury.

L’antropologa e giornalista Tiziana Ciavardini, esperta di esteri e di Iran – che sin dall’inizio ha seguito il caso – e membro di Articolo 21 liberi di…, ha dichiarato: « Sono giorni molto tristi in cui il senso d’impotenza prevale sulla rabbia. Pensare che non si possa attraverso la mobilitazione internazionale intervenire in un caso come quello di Ahmadreza Djalali, rende ancor più evidente la contrapposizione esistente tra i paesi liberali e quelli in cui vige una dittatura. L’Iran è un paese meraviglioso, tuttavia oggi è dilaniato dal regime. Un regime diabolico, che mostra il suo lato disumano e che condiziona una civiltà che non riesce più ad avanzare, che rimane ferma, che addirittura sembra arretrare di secoli. La vicenda Djalali, forse più dei tanti altri casi, scuote le coscienze. Da tempo, ormai – prosegue Ciavardini -, sono in contatto diretto la moglie Vida. Con lei ho condiviso i dolori e le speranze, le preoccupazioni e i fallimenti degli ultimi sei anni. Forse avremmo potuto fare di più. Ora contiamo i giorni sperando che quanto disposto dalle autorità iraniane, sia solo un vile ricatto. L’auspicio e che il governo italiano possa rivedere se non annullare gli accordi economici intrapresi con un paese ancora oggi (2022), capace di mandare a morte un uomo, e soprattutto di poterlo fare senza alcuna certezza di colpevolezza».

L’iniziativa prevista domani pomeriggio a Novara è organizzata da Amnesty International, Comune di Novara, Provincia di Novara, Università del Piemonte Orientale e Crimedin – Centro per la ricerca e la formazione in Medicina dei disastri, Aiuto umanitario e Salute globale dell’Università del Piemonte Orientale -, (si unisce la sezione del Circolo Articolo 21 Piemonte) e inizierà alle 17.30, di fronte al Comune di Novara (via Rosselli 1).