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I luoghi, strumento per la missione

Nel corso della Consultazione sono stati presentati i lavori compiuti ad Ecumene dalla architetta Tiziana Doria, della chiesa metodista di Venosa-Rapolla. A lei abbiamo chiesto di spiegarci il lavoro compiuto?

«I due edifici interessati all’intervento sono situati nella zona a sinistra, appena si entra nel centro.  Questi avevano manifestato dei significativi problemi statici, irrisolvibili con una semplice ristrutturazione. Partendo dalla constatazione che le 2 costruzioni risalivano agli anni ’50 e ’60 e, pertanto, realizzate con tecnologie superate, sono state vagliate varie ipotesi condivise con la presidente Mirella Manocchio e con il Comitato permanente Opcemi. Si è infine optato per l’esecuzione di un intervento di demolizione e ricostruzione che ci avrebbe dato la possibilità di realizzare strutture staticamente più performanti, e di mettere in campo interventi di efficientamento energetico e di contenimento dei consumi nell’ottica del rinnovato interesse verso la tutela dell’ambiente». 

Come avete proceduto?

«Abbiamo ricostruito i due edifici con la stessa volumetria e la stessa localizzazione, perché siamo in una zona a vincolo paesaggistico, mantenendo la stessa tipologia, lo stesso sedime, lo stesso volume, la stessa forma. Abbiamo giustamente rispettato le norme, lo abbiamo fatto volentieri  perché non abbiamo cancellato il passato del Centro Ecumene ma abbiamo consolidato la memoria di questo luogo che per noi tutti è un elemento fondamentale della storia del Centro».

Quali caratteristiche hanno gli edifici?

«Siamo intervenuti in modo che ci fosse un maggior contenimento possibile dei consumi. Abbiamo prima di tutto lavorato sull’involucro, utilizzando dei materiali molto performanti: è stato racchiuso lo scheletro strutturale in cemento armato con dei blocchi laterizi coibentanti a forte spessore, tutti i solai fino al tetto sono stati coibentati con pannelli isolanti in modo da creare un forte isolamento termico. A questo si aggiunge la tipologia degli impianti centralizzati, realizzati con lo stesso principio del miglior rendimento e del minor dispendio energetico associato al contenimento dei consumi. Quindi da una parte abbiamo cercato di contenere la dispersione di calore, dall’altra di produrre l’energia con fonti alternative. È stato infatti installato un sistema di pannelli fotovoltaici che produce energia e contribuisce ad alimentare l’impianto di riscaldamento e raffrescamento degli edifici; la produzione di acqua calda sanitaria invece è garantita dai pannelli solari. Infine, abbiamo realizzato un sistema di ricircolo dell’acqua che permette di avere la disponibilità immediata dell’acqua calda interna degli edifici ed evita lo spreco di acqua potabile; le acque piovane esterne sono raccolte in una vasca e riutilizzate».

Nella progettazione sono stati previsti inoltre interventi per rendere il centro sempre più inclusivo…

«Abbiamo sistemato la parte esterna prospiciente gli edifici, realizzando delle rampe che migliorano l’accessibilità agli spazi comuni e a quelli privati da parte dei portatori di handicap (il lavoro si completerà con la realizzazione delle rampe di accesso all’auditorium). In uno dei due edifici sono state realizzate due camere con bagno autonomo ad essi dedicate». 

Cosa si prova a vedere il lavoro completato?

«È una grande soddisfazione vedere realizzato quel progetto che prima era solo sulla carta, è un po’ come stare in una camera oscura dove poco a poco l’immagine si compone. Come architetta sono soddisfatta del lavoro che non è mai disgiunto dal fatto di essere parte di questa comunità di fede. È un grande piacere contribuire a recuperare questi luoghi che hanno visto avvicendarsi generazioni che con il lavoro e la loro determinazione hanno realizzato queste opere. Abbiamo un patrimonio di una bellezza straordinaria che va protetto: i luoghi, le pietre sono uno strumento della nostra missione, il luogo fisico di ciò che facciamo. Insisto tanto sull’importanza degli interventi edilizi perché bisogna custodire questi beni, un po’ perché è il mio mestiere, ma anche perché in tal modo si afferma che questi sono i luoghi del riconoscimento della nostra memoria storica».