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Come superare la Bossi-Fini

Il pomeriggio del 14 luglio la campagna Ero Straniero ha organizzato un convegno presso la Sala Zuccari di palazzo Giustiniani, al Senato, al quale sono state invitate istituzioni e rappresentanti di vari enti e settori per discutere di un ripensamento delle attuali leggi che regolano il lavoro di persone straniere in Italia, principalmente la cosiddetta Bossi-Fini. La campagna è nata nel 2017 con questo obiettivo e, anche se la proposta di legge è bloccata dal marzo 2020 e probabilmente non verrà ripresa in esame in questa legislatura, il discorso non si è del tutto fermato.

Nella trasmissione Cominciamo Bene, su RBE, abbiamo colto l’occasione dell’incontro per tornare sul tema e dare un aggiornamento sul proseguimento della campagna. Da qui, l’intervista con Giulia Gori, che ha risposto alle nostre domande per conto della FCEI, uno dei tanti enti che porta avanti l’iniziativa.

L’obiettivo della campagna è senz’altro quello di portare avanti una politica più umana nei confronti di persone che ora, inevitabilmente, si trovano ad essere cittadini di serie B. Ma è ugualmente centrale un ragionamento più pragmatico: molte persone straniere che vivono in Italia vorrebbero lavorare regolarmente, ma non ne hanno la possibilità; allo stesso modo, molti datori di lavoro vorrebbero assumerli in modo legale, ma sono ugualmente bloccati. Quindi, ci sono sia l’offerta che la domanda, ma il sistema attuale impedisce loro di incontrarsi.

Quello che manca, secondo Gori, è una visione a lungo termine, perché finora sono stati portati eventi isolati, di natura emergenziale. Dalla partenza della campagna, dice, sono stati fatti alcuni piccoli passi avanti, come la sanatoria del 2020 o il decreto flussi di inizio anno, che ha previsto quasi 70mila ingressi, circa il doppio rispetto agli anni precedenti. Ma non sono misure inserite in uno sguardo più ampio. E sono, in ogni caso, troppo modeste: le domande arrivate quest’anno sono state 220mila, più del triplo dei posti messi a disposizione.

Anche secondo Gori, però, la pandemia ha aiutato a mettere in evidenza le carenze della legislazione attuale. Ma manca comunque un progetto lungimirante, che abbia l’obiettivo di mettere fine alla precarietà di tanti lavoratori e lavoratrici.

Il convegno (che si può rivedere a questo link) è stato organizzato in modo da mettere a confronto molti sguardi diversi: quelli delle istituzioni, dei sindacati, delle associazioni datoriali, ma anche della ricerca e dell’accademia.

Ma quali sono i nodi della proposta portata avanti da Ero Straniero? Senz’altro, dice Gori, l’introduzione di un meccanismo di regolarizzazione permanente su base individuale a fronte di un’offerta di lavoro. In questo momento, ci dice, le persone ci sono, lavorano, sono radicate sul territorio, il loro paese è l’Italia, ma non hanno un permesso di soggiorno, cosa che li rende “meno italiani” e impedisce loro, tra l’altro, di generare ricchezza per il paese. È un approccio che non conviene a nessuno.

Si propone, poi, di reintrodurre la sponsorship su base lavorativa, creando quindi dei canali d’ingresso in base alla ricerca del lavoro, immaginando un meccanismo più efficiente che permetta di incrociare domanda e offerta, ad esempio con il ricorso all’intermediazione su grande scala. Si pensa di coinvolgere associazioni datoriali, sindacati, agenzie per il lavoro, università.

Infine, Gori auspica una riforma a livello amministrativo, in modo da facilitare, velocizzare e rendere nel complesso più efficienti tutte le pratiche necessarie. Ora molto si basa sul cosiddetto “click day”, ovvero un giorno (ma nei fatti soltanto una manciata di secondi all’interno di un giorno) nel quale presentare la propria richiesta di permesso di soggiorno. Ma i posti si esauriscono subito, e in ogni caso poi i tempi per completare le pratiche sono molto lunghe, lasciando nell’ennesimo limbo chi ne avrebbe bisogno e diritto.

 

Ascolta “Superare la Bossi-Fini – Primo piano – 14-07-22” su Spreaker.