capture

In Francia le chiese cristiane ancora critiche verso la legge sul “separatismo”

Il Consiglio costituzionale francese ha convalidato diverse disposizioni della controversa legge sul “separatismo”, contestata dai principali organismi cristiani transalpini, che la considerano una «grave violazione» della libertà di culto e della libertà di associazione.

In una decisione molto attesa, il Consiglio dei Saggi ha stabilito che le disposizioni contestate «non disattendono il principio di laicità» non privando il libero esercizio della religione di garanzie legali, secondo i termini del loro comunicato.

D’altra parte, il Consiglio ha ritenuto che il legislatore abbia «perseguito l’obiettivo costituzionale di salvaguardare l’ordine pubblico» rafforzando «la trasparenza dell’attività e del finanziamento delle associazioni che garantiscono l’esercizio pubblico di una religione».

La Federazione protestante francese (Fpf), La Conferenza episcopale francese e l’Assemblea dei vescovi ortodossi di Francia avevano sottoposto alla Corte questioni prioritarie di costituzionalità:

Le disposizioni del Titolo II della legge sul “separatismo” sono considerate troppo restrittive per quanto riguarda la libertà di culto e di associazione, che si basano sulle leggi del 1905 e del 1907 che organizzavano la separazione tra le Chiese e lo Stato.

Tra le doglianze sottoposte al Consiglio Costituzionale, questi organismi ritengono che lo Stato stesse istituendo un sistema di autorizzazione preventiva per il riconoscimento di alcune religioni, obbligando le associazioni a dichiarare la loro natura religiosa per poter beneficiare dei vantaggi specifici della categoria delle associazioni religiose. I maggiori vincoli hanno sollevato preoccupazioni tra le confessioni cristiane, che temono gravi effetti collaterali nel lavoro quotidiano delle associazioni religiose, spesso composte da volontari.

I giudici costituzionali hanno allegato alla loro decisione due riserve, che dovrebbero essere prese in considerazione nei testi normativi adottati in applicazione della legge, senza che i nuovi principi che essa impone siano messi in discussione.

Durante l’esame in Parlamento, le disposizioni che modificano le leggi del 1905 e del 1907, che garantiscono il fragile equilibrio tra lo Stato e le confessioni religiose, sono state ampiamente oscurate dai dibattiti e dalle controversie sull’uso del velo o addirittura sull’istruzione domiciliare. Prima della sua promulgazione e dopo il deferimento del caso al Consiglio costituzionale da parte dei deputati dell’opposizione, la legge sul “separatismo” era stata parzialmente vagliata dal Consiglio costituzionale, ma non il suo Titolo II, di cui diverse disposizioni sono state prese di mira dai deputati dell’opposizione.

Monsignor de Moulins-Beaufort (presidente della Conferenza episcopale francese), il pastore Krieger (presidente della Federazione protestante francese) e monsignor Dimitrios (presidente dell’Associazione dei vescovi ortodossi di Francia) hanno dichiarato:

«Accogliamo con favore il fatto che il Consiglio costituzionale abbia espresso riserve sull’interpretazione di questa legge. Ci rammarichiamo che questa decisione non si sia spinta oltre nella contestazione delle violazioni delle libertà da parte della legge del 24 agosto 2021. Continuiamo a temere che il regime di libertà stabilito dalle leggi del 1905 e del 1907 e confermato dalla giurisprudenza per oltre un secolo venga profondamente modificato. Dal nostro punto di vista, questo regime ha lasciato il posto, dal 24 agosto 2021, a un regime di controllo e di vincoli, che contiene molte incertezze, fonti di futura instabilità giuridica».

Le autorità cristiane in Francia, consapevoli del loro ruolo di cittadini nel cuore della città, del ruolo delle autorità nella difesa dell’ordine pubblico e della pace sociale e della necessità di rafforzare il rispetto dei principi della Repubblica, invitano le autorità della Repubblica a impegnarsi in un dibattito costruttivo sulle disposizioni che sono già fonte di problemi, al fine di evitare qualsiasi instabilità giuridica nel diritto di culto».