istock-510865688

Lavoro, Valdesi: sì al salario minimo, no allo sfruttamento di giovani e migranti

Il Sinodo delle Chiese metodiste e valdesi riunito in questi giorni a Torre Pellice, in provincia di Torino, ha approvato questa mattina a larghissima maggioranza un importante documento sui temi del lavoro.

Il testo esorta affinché non vi siano «lavoratori poveri», chiede il riconoscimento di un salario minimo e sottolinea i diritti di chi lavora. Una presa di posizione contro le privatizzazioni e le diseguaglianze economiche, in nome della tutela del lavoro, delle garanzie sociali e ambientali, delle politiche migratorie, delle pari opportunità e dell’equità fiscale. Un paragrafo è inoltre dedicato alla sicurezza sul lavoro e alla lotta contro il lavoro nero e grigio.

«Il lavoro è, nella comprensione della fede evangelica, realtà fondamentale dell’esistenza umana in libertà e dignità – si legge nel documento – . È elemento fondante della partecipazione democratica, come riconosciuto anche dalla Costituzione italiana». 

Ecco il testo integrale del documento, approvato dopo un appassionato e partecipato dibattito.

Il lavoro è, nella comprensione della fede evangelica, realtà fondamentale dell’esistenza umana in libertà e dignità. È anche elemento fondante della partecipazione democratica, come riconosciuto dalla Costituzione italiana. È soggetto alla dimensione del peccato, ma è anche spazio che la signoria di Dio rivendica a se, rivolgendo la sua vocazione. Tale duplice condizione determina una sostanziale ambivalenza nella comprensione e nell’interpretazione del lavoro: esso può essere orizzonte di realizzazione e benedizione, o spazio di sfruttamento e maledizione. Il Nostro Signore, sulle strade, ai pozzi, sui bordi del mare, nei campi ne fece uno dei terreni sui quali incontrare le persone cui predicava, paradigma per raccontare il Regno.

Preoccupati/e per le gravi conseguenze sociali e spirituali dell’attuale crisi del lavoro, che si manifesta nel nostro Paese in forme di cattiva occupazione (irregolare o poco garantita), crescita della precarietà, incremento del divario fra nord e sud, disuguaglianze fra uomini e donne e ritardo dei giovani nell’inserimento lavorativo – e, dunque, nel raggiungimento di un’autonomia economica e sociale -, individuiamo nella promozione di un più complessivo cambiamento culturale e di mentalità, prima ancora che normativo, il terreno di testimo- nianza sul quale impegnare anche le nostre chiese locali, le istituzioni e gli organismi ecclesiastici, ad ogni livello ed in ogni forma possibile, per contribuire ad affrontare tali emergenze lungo alcune direttrici fondamentali.

1- Non vi siano “lavoratori poveri”. Chiunque lavora deve poter vivere dignitosamente. Il riconoscimento di un salario minimo che consenta ad ogni lavoratore e ad ogni lavoratrice una vita dignitosa, non segnata dall’indigenza, è quindi un obiettivo di di- ritto che la nostra società dovrebbe perseguire con determinazione, mettendo in campo tutte le azioni che diminuiscano l’enorme disuguaglianza sociale che abbiamo ormai acquisito, anche attraverso una più equa distribuzione della fiscalità.

2- Si promuova un superamento della logica della frammentazione e privatizzazione dei trattamenti e dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici, che si manifesta tanto nello sfruttamento dei lavoratori autonomi senza accesso a diritti e tutele (Partite IVA, collaborazioni coordinate e continuative, etc.) quanto nell’abnorme allargamento della platea dei contratti nazionali di lavoro (oltre mille). Fenomeni questi che aprono spazi a sperequazioni e diseguaglianze molto forti fra persone che svolgono le stesse o simili funzioni e mansioni.

3- Sia favorita, con regole semplici ed unificate, la promozione e sperimentazione di meccanismi di garanzia di informazione trasparente e di partecipazione rispetto alle principali decisioni aziendali da parte non solo dei lavoratori e delle lavoratrici, ma anche dei fornitori e dell’intera comunità locale sulla quale ricadono le conseguenze delle scelte delle imprese, non solo economiche, ma anche sociali ed ambientali.

4- Siano promosse politiche del lavoro e migratorie che sappiano affrontare in modo coerente, sistemico ed umano la complessità dei fenomeni di mobilità delle persone fra i Paesi e all’interno del nostro, disciplinando adeguatamente il riconoscimento dei titoli, la mobilità pensionistica di ritorno, l’apertura di flussi, le stagionalità, i ricongiungimenti familiari; non dimenticando che il fenomeno migratorio ci interroga anzitutto sulla capacità della nostra società di accogliere, integrare, dare accesso ai diritti, anche attraverso l’accesso al lavoro.

5- Si accelerino i processi di transizione ecologica, vera sfida dei prossimi decenni,verso un futuro del lavoro che contribuisca ad uno sviluppo sostenibile e che rifiuti la mercificazione privatistica dell’ambiente.

6- Si accresca l’impegno concreto per garantire pari opportunità ed una effettiva parità di trattamento tra donne e uomini, anche favorendo una condivisione più equilibrata delle responsabilità familiari; un migliore equilibrio tra vita familiare e vita lavorativa; investimenti nell’economia dell’assistenza e della cura.

7- Si qualifichi l’impegno concreto ed efficace per la sicurezza sul lavoro e la lotta al lavoro nero, al lavoro grigio, allo sfruttamento del lavoro minorile, non affidandolo esclusivamente al rafforzamento (pure doveroso) dell’efficacia dei sistemi di controllo e sanzionatori, ma osando promuovere e favorire l’incontro dialettico ed un confronto sul campo fra le amministrazioni di controllo, le imprese e le rappresentanze dei lavoratori e delle lavoratrici, che consentano di affrontare tempestivamente i problemi per mantenere o riportare il lavoro nel solco della legalità e del rispetto delle normative.

8- Si rafforzi l’investimento diretto a garantire a tutti e tutte un’effettiva accessibilità ad un’educazione e formazione di qualità, che, senza trascurare gli obiettivi di acquisizione di competenze specialistiche, salvaguardino il pieno conseguimento di solide competenze di base e di un’apertura mentale che permettano un approccio critico e positivo di fronte ai rapidi cambiamenti del contesto lavorativo, sociale, e ambientale.

“Dio il SIGNORE prese dunque l’uomo e lo pose nel giardino di Eden perché lo lavorasse e lo custodisse” (Genesi 2,15). Se il Signore ha creato l’essere umano affinché questi si occupi della creazione, auspichiamo che il lavoro torni a essere luogo di espressione della vocazione, cura del mondo e di se stessi, spazio di realizzazione e di servizio.