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Gesù era un simbionte che amava le straniere e gli stranieri

Questo articolo riprende l’intervento della pastora Daniela Di Carlo all’incontro «Lo sguardo femminile sui diritti, la cittadinanza e le pari dignità» nell’ambirto del Festival delle migrazioni (Torino, 27 settembre – 2 ottobre).

Gesù, oltre a tutte le attribuzioni che gli riconosciamo, era veramente anche un “simbionte” e noi non ce ne siamo accorti! Nella serie televisiva Star Trek: Deep Space Nine, uno dei personaggi fissi che si ritrova in ogni puntata, è Dax, un simbionte del popolo Trill, cioè una forma di vita che vive in simbiosi con un ospite umano come specie unita. Ogni unione tra Dax e un ospite umano crea un nuovo e unico individuo e ogni individuo eredita le memorie e l’esperienza degli o delle ospiti precedenti. Questo nuovo individuo si lascia trasformare dalla relazione profonda che ha con il suo ospite e dà origine a un numero infinito di trasformazioni e conversioni. Gesù è un simbionte per questo. Senza dare attenzione ai muri culturali e politici, si mescola con la donna cananea che le chiede di poter mangiare le briciole che cadono dal tavolo e impara da Maria, seduta a terra come un discepolo maschio, che anche le donne hanno il desiderio di avvinarsi alla figura della rabbina che impara dal Maestro per regalare consapevolezza e testimoniare la fede in Dio.

E che dire della genealogia di Gesù riportata dall’evangelo di Matteo, dove troviamo quattro donne straniere che hanno donato a Gesù un corpo nato da una storia fatta di incontri tra popoli che ha caratterizzato l’incarnazione di Dio stesso? Sì: Tamar, Raab, Rut e Betsabea sono con Maria le donne che hanno chiaramente contribuito alla nascita di Gesù.

Tamar, probabilmente cananea, si traveste da prostituta per avere un figlio dal suocero Giuda, che aveva disubbidito alla regola del levirato e non l’aveva fatta sposare, nonostante fosse un suo diritto, con il figlio Sela dopo che era rimasta vedova. La determinazione di Tamar spinge il suocero a riconoscere che Tamar è più giusta di quanto lo sia stato lui ebreo.

Raab è una prostituta di Gerico che nasconde due esploratori di Israele che volevano fare un sopralluogo della terra che avrebbero voluto conquistare. Li nasconde dagli emissari del re di Gerico e solo perché intuisce che il vostro Signore è Dio, grande in cielo come in terra.

Rut, moabita, insieme alla suocera Naomi, è una “rifugiata climatica”, oggi riconoscibili anche come rifugiate ambientali. Il libro che narra la loro storia ci racconta di questa famiglia atipica capace di prendersi cura l’una dell’altra nonostante venissero da popoli storicamente nemici.

Betsabea, la moglie di Uria l’Ittita, che era uno degli ufficiali del re Davide, ha un ruolo chiave nella successione che vede salire al trono suo figlio Salomone al posto di Adonia, il figlio che Davide aveva avuto da un’altra donna. Betsabea, vittima di abuso e straniera, rimane vedova per mano di Davide che si innamora di lei e ne fa uccidere il marito durante la guerra.

Se nella storia di Gesù il meticciato, la contaminazione tra popoli era così frequente come mai tra le fila delle chiese cristiane si assapora ancora un po’ di resistenza nel riconoscere nella straniera la sorella che come noi ha lo stesso nostro diritto, che abbiano noi, di abitare la terra e di essere al sicuro?

Forse perché come dice la filosofa bell hooks, «il patriarcato capitalista suprematista bianco imperialista…è un sistema politico-sociale secondo il quale gli uomini sono per loro natura dominanti, superiori a tutti quelli che ritengono deboli, in particolare le donne, e hanno il diritto di guidarli e governarli e di mantenere quel predominio attraverso varie forme di terrorismo e violenza psicologici»1.

Consapevoli del fatto che le religioni abramitiche hanno privilegiato la superiorità umana rispetto a quella animale, la superiorità animale rispetto all’ecosistema, la superiorità del genere maschile, rappresentato dal maschio bianco, rispetto a quello femminile, è difficile ora progettare un mondo diverso. Una indicazione però ce l’abbiamo: Gesù è un simbionte e noi possiamo esserlo con lui perché la creazione di Dio ha dimostrato l’importanza di essere interconnessa e di avere la necessità che si riconosca la dipendenza di un popolo dall’altro e persino della comunione interspecie, ogni parte del Creato ha bisogno per la propria sopravvivenza delle altre parti.

Il patriarcato non è finito del tutto nelle religioni. Si intravede però una lunga strada faticosa da fare: ci avvisa Paola Cavallari che c’è da far riemergere «il furto commesso dagli uomini, il furto della soggettività femminile e, non meno importante, l’inganno che lo occulta. Si tratta di un genocidio culturale arcaico, stratificatosi nei millenni, tanto antico che dalla cultura dominante viene ritenuto un dato naturale, mentre è la storia che l’ha iscritto nel corpi»2.

Ricordiamoci che Dio ha eletto dei migranti e ne ha fatto un popolo che è si è mosso di continuo: pensiamo, infatti, al viaggio del popolo d’Israele e all’esodo dall’Egitto, alle promesse di ritorno dall’esilio. Essere simbionti ci permette di metterci veramente dentro la vita dell’altra e dell’altro, così come è accaduto a Gesù, e scoprire che in fondo siamo un’unica incredibile bella umanità.

1. bell hooks, La volontà di cambiare. Mascolinità e amore, Il Saggiatore, 2022. bell hooks è il nome che si è data la filosofa statunitense Gloria Jean Watkins, riprendendo, e scrivendo – ma con le iniziali minuscole –, il nome della nonna materna.

2. Paola Cavallari (a cura di), Non sono la costola di nessuno. Letture sul peccato di Eva, Gabrielli editori, 2020.