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Asilo ecclesiastico sempre d’attualità in Germania

Il governo tedesco ha confermato che l’attuale approccio all’asilo ecclesiastico rimarrà invariato. Dopo il cambio di leadership dello scorso anno, si sperava che la pratica sarebbe diventata più liberale.

L’attuale esecutivo, al potere da un anno, afferma che rispetterà la «tradizione dell’asilo ecclesiastico», sottolineando tuttavia che essa non è una «istituzione legale» a sé stante.

Le persone a cui è stata concessa ospitalità temporanea in chiese o locali annessi devono comunque tecnicamente lasciare la Germania se le autorità prendono una decisione in tal senso; tuttavia, finché vengono trattenute in un locale di pertinenza delle chiese, le autorità tendono a guardare da un’altra parte.

Un portavoce dell’Ufficio federale per la migrazione e i rifugiati di Berlino (Bamf) ha dichiarato in particolare all’agenzia di stampa Kna che «le autorità degli Stati tedeschi rispetteranno le persone ammesse (a scopo di asilo) in questi spazi sacri a causa della posizione speciale delle chiese nell’ordinamento costituzionale tedesco, e si asterranno in genere dall’entrare in questi spazi per applicare eventuali avvisi di espulsione».

Il portavoce in questa dichiarazione ha fatto riferimento al fatto che le chiese cattoliche e evangeliche in Germania sono finanziate da tasse speciali raccolte dal governo ma trasmesse direttamente alle chiese. Poiché queste tasse vengono utilizzate nel modo che le chiese ritengono migliore, il governo evita di interferire nelle loro attività.

Secondo il Ministero degli Interni, quest’anno in Germania hanno chiesto asilo mentre ospitati all’interno degli edifici ecclesiastici circa 1.300 persone. Si tratta di un numero esiguo rispetto alle migliaia di persone che chiedono asilo direttamente, ma è comunque potenzialmente un incubo legale per i rappresentanti delle autorità e delle chiese, nonostante esista una base giuridica poco rigida che copre la maggior parte dei casi di asilo ecclesiastico contestati.

In Germania il Kirchenasyl è stato sostanzialmente ripristinato oltre 30 anni fa, all’indomani dell’incontro fra varie comunità ecclesiali per denunciare l’allarme dei profughi provenienti dai paesi del blocco sovietico in dissoluzione, e da allora è sempre stato applicato. La sua durata massima, frutto di un accordo fra governo e autorità ecclesiali, è fissata in 18 mesi. 

Nel 2015, il Bamf e le chiese cattoliche e protestanti hanno raggiunto un accordo che prevede che le persone che vivono in un asilo ecclesiastico debbano essere segnalate alle autorità dai rispettivi responsabili del clero e che i loro casi di asilo vengano riesaminati.

L’accordo, tuttavia, stabilisce anche che se la domanda viene respinta e le autorità emettono un ordine di espulsione, i rappresentanti delle chiese non sono necessariamente perseguibili se continuano a fornire ospitalità.

Ciò è stato confermato anche dalla Corte Suprema bavarese in un caso dello scorso febbraio in cui si sancisce in sostanza che la sola fornitura di vitto e alloggio da parte delle due principali chiese non è punibile. Tuttavia, ai rappresentanti delle chiese non è consentito incoraggiare i richiedenti asilo respinti a rimanere a lungo in tale condizione.

Di contro due anni fa un pastore metodista in Germania è stato condannato a due anni di libertà vigilata e a pagare 1.500 euro di multa. Nel gennaio di quell’anno, il pastore Stefan Schörk aveva concesso dieci giorni di asilo ecclesiastico a un iraniano. Il richiedente asilo, che secondo l’agenzia stampa Epd si era integrato in Germania e parlava correntemente il tedesco, doveva essere separato dalla madre e dalla sorella e deportato in Grecia, dove aveva presentato la prima domanda di asilo, secondo le discusse norme contenute dal cosiddetto regolamento di Dublino.

Negli ultimi anni, una serie di sentenze di tribunali tedesche su casi di asilo ha evidenziato i rischi legali che le religiose e gli ecclesiastici corrono quando offrono rifugio ai richiedenti.

Un tribunale ha addebitato a una suora 500 euro per aver assistito donne nigeriane che, secondo quanto riferito, erano fuggite dalla prostituzione forzata in Italia e minacciavano di essere deportate dalla Germania.

Un tribunale ha dato ragione a un monaco che aveva dato rifugio in Baviera a un uomo nato nella Striscia di Gaza. I giudici hanno affermato che il monaco era protetto dalla libertà di fede e di coscienza sancita dalla Costituzione tedesca.

Madre Mechthild, una monaca benedettina che ha offerto asilo a circa 30 persone dal 2016, è stata multata due volte e minacciata di prigione per «favoreggiamento di un soggiorno non autorizzato» di un richiedente asilo.

Insomma dove manca una norma chiara sono i giudici a scegliere di caso in caso, con il logico rischio di sentenze che vanno in direzioni opposte.