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Non perdersi d’animo

Erano le nostre malattie che egli portava, erano i nostri dolori quelli di cui si era caricato; ma noi lo ritenevamo colpito, percosso da Dio e umiliato!
Isaia 53, 4

Considerate perciò colui che ha sopportato una simile ostilità contro la sua persona da parte dei peccatori, affinché non vi stanchiate perdendovi d’animo
Ebrei 12, 3

L’eunuco etiope (Atti 8, 26-40) di ritorno da Gerusalemme, sta leggendo il profeta Isaia, alcuni passi sul “servo del Signore”. Alla domanda di Filippo: «Capisci quello che stai leggendo?» risponde con una domanda: «Di chi, ti prego, dice questo il profeta? Di se stesso, oppure di un altro?».

Le ipotesi su chi fosse il servo del Signore erano molte e contrastanti, l’Etiope, come tutti, si chiede chi sia questo misterioso personaggio. Filippo non ha dubbi: in quel personaggio si preannunciano Gesù e la sua passione, morte e resurrezione; e di lì inizia la sua opera di evangelizzazione del suo interlocutore. La vicenda di Gesù e le sofferenze patite per portare a termine la sua missione di salvezza per l’umanità diventano motivo per l’esortazione che l’autore della Lettera agli Ebrei rivolge ai suoi lettori: considerando quanto Gesù ha dovuto sopportare, non devono stancarsi e perdersi d’animo.

Sì, è facile stancarsi e perdersi d’animo e per tante, diverse ragioni. Per i primi credenti potevano essere ostilità e persecuzione da parte del gruppo sociale nel quale prima erano perfettamente integrati, e così può essere anche oggi per molti cristiani in minoranza in tante parti del mondo. Ma anche qui, nell’Occidente cristiano, non mancano spinte a lasciare che la fede diventi tiepida o a metterla da parte come una cosa inutile. Il quotidiano ha una forza di annientamento della spiritualità non minore della persecuzione.

Talvolta la conversione è un po’ come un forte ma passeggero innamoramento, che presto, com’era nato, finisce. Talora è all’interno della chiesa che maturano le condizioni perché si spenga l’iniziale entusiasmo della fede, quando alla fraternità si sostituiscono protagonismo e personalismo, con le tensioni e le discordie conseguenti. Tante sono le occasioni di caduta.

Ci guidi, perciò, e ci sostenga il Signore, affinché anche noi possiamo dire alla fine: Ho combattuto il buon combattimento, ho finito la corsa, ho conservato la fede (II Timoteo 4, 7).