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Guido Odin, artista poliedrico

La notizia è rimbalzata in val Pellice tramite una sobria e coinvolgente comunicazione via social del figlio Samy: «il mio caro papà, Guido Odin, si è spento serenamente il 2 gennaio 2023, all’età di 86 anni, dopo un anno 2022 molto difficile, durante il quale ha affrontato la perdita di autonomia e il progressivo deterioramento della sua salute. Ora riposa in pace dopo una vita piena, durante la quale è riuscito a vivere della sua arte, condividere le sue tante passioni e realizzare la maggior parte dei suoi sogni».

Una vita ricca quella di Guido Odin, artista a 360° ma capace anche di inventarsi barista nel 1965 quando con Attilio Sibille rilevò lo storico “Caffè d’Italia” dalla famiglia Rostan; un punto di incontro che aveva svolto un ruolo non secondario nella Resistenza al nazifascismo e che divenne negli anni ’60 un punto di incontro della gioventù torrese e della valle con forti legami con Torino.

Dopo alcuni anni Odin abbandonò l’impresa aprendo in due location successive negozi di fotografia che divennero ben presto laboratori d’arte; di quegli anni anche la pittura e in particolare i volti di clown soggetti divertenti eppure molte volte con un velo di tristezza.

Guido Odin ha contribuito con le sue fotografie ad evidenziare i paesaggi della sua valle nel mondo collaborando spesso col calendario “Valli nostre” edito dalla Claudiana, con la pubblicazione di libri (ricordiamo in particolare “La pietra e la voce”, probabilmente presente nella case di ogni famiglia valdese).

Ma negli ultimi 30 anni il suo nome è stato legato in modo indissolubile alla ricerca e alla raccolta di bambole passione in cui ben presto venne coinvolto il figlio Samy, che con l’Università di Lione aveva intrapreso ricerche sulla storia delle bambole. Il museo ha ospitato una collezione permanente di oltre 500 bambole tra cui quelle dalla testa di biscotto (porcellana cotta due volte) rappresentanti la figura femminile adulta, particolarmente significative per i loro accessori che riflettono lo stile di un’epoca. Una stanza era dedicata alla manifattura delle bambole e ai materiali utilizzati per la loro costruzione. Il museo presentava inoltre mostre temporanee, una clinica della bambola per il restauro e una libreria dove era possibile acquistare libri e giocattoli. 

Il nucleo fondante della collezione prese avvio nella casa di famiglia in via Paschetto a Torre Pellice, ma fu nel 1994 che l’idea prese la sua dimensione internazionale con il trasferimento a Parigi dove fu ampliato e restò aperto fino al 2017 arrivando fino a 50mila visitatori all’anno.

A chiudere il cerchio di una vita piena di arte e di rapporti internazionali, sottolineado il suo forte legame con le radici valligiane, le sue ceneri saranno poi deposte nella cantina di famiglia di Luserna San Giovanni, durante una cerimonia della prossima primavera.

 

 

Foto di Ralf.treinen