futuro_dello_sci

Il futuro dello sci

«Una riflessione seria e laica sul futuro dello sci e in particolare sull’innevamento artificiale». È quello che chiede Marco Bussone, presidente nazionale Uncem (Unione nazionale Comuni Comunità Enti montani) alla luce dei cambiamenti climatici che stanno mettendo a dura prova l’intero arco alpino in queste settimane a causa delle temperature elevate a cui stiamo assistendo anche in questi giorni.
«Mi sembra sia necessario – ha spiegato in una nota Bussone – aprire una riflessione sul futuro. Dobbiamo avere una sede chiara per farlo, il Ministero del Turismo, insieme con il Ministero dell’Ambiente».
Per il presidente dell’Uncem è necessario sedersi attorno a un tavolo e capire con scienziati ed esperti di climatologia «quanto ha senso investire risorse economiche, statali e regionali, in innevamento artificiale o in nuovi impianti di risalita sotto certe quote altimetriche, in certe valli. Occorre valutare dove e come, oltre demagogia e facili luoghi comuni. Il dramma climatico che stiamo vivendo non lascia scampo».
Bisogna insomma andare oltre, spiega il presidente, al «si è sempre fatto così» ragionando al di fuori degli schemi seguiti fino a oggi. «Fare come abbiamo sempre fatto, bene o male che fosse, su sport invernali, sci e innevamento programmato potrebbe non avere senso di futuro, imbrigliando montagna e turismo in una strategia del passato. Noi vogliamo stare nel futuro. Senza rischiare di sprecare milioni e milioni di euro per un investimento a perdere nel bel mezzo della tragedia climatica che ancora qualcuno nega».
Le parole di Marco Bussone sono quanto mai condivisibili; dette da una persona che la montagna la conosce bene e che vive il contatto con gli amministratori e i cittadini quasi quotidianamente.
Sono parole che arrivano, certo in un’annata che ha visto fin qui l’inverno più caldo di sempre, con le stazioni invernali sull’Appennino chiuse per mancanza di neve. Ma non è che le Alpi se la passino tanto meglio; sotto i 1500 metri la poca neve caduta a inizio dicembre è sciolta: nell’ultimo fine settimana si sono viste le gare di sci ad Adelboden (1300 mt. il paese dove arrivano le piste) con i soli tracciati di gara innevati artificialmente in mezzo a prati fangosi o addirittura verdi.
Eppure il tema degli investimenti negli impianti al di sotto di certe quote era già ben vivo nei primi anni 2000 quando si stavano progettando enormi interventi in vista delle Olimpiadi di Torino 2006. Il nostro giornale aveva più volte scritto del forte deficit del post Olimpiadi di Albertville in Francia. Ma bisognava fare, costruire, migliorare.
Così allora si sono costruiti i trampolini a Pragelato e la pista di bob a Cesana quando si sarebbe benissimo potuto chiedere ospitalità ai cugini francesi che avevano impianti quasi nuovi; oggi, di fronte all’abbandono e ai probabili grandi costi per smantellare opere mai più usate, sentiamo chi, come Evelina Christillin che all’epoca ebbe un ruolo assai importante nel comitato olimpico torinese, dire che allora si sbagliò.
Per non parlare degli impianti del ghiaccio su cui non si seppero installare pannelli fotovoltaici, realizzati a 20 anni di distanza, dopo aver sprecato milioni di euro in energia.
Grazie dunque a Marco Bussone per aver sollevato una questione fondamentale! Sperando che il dibattito si apra realmente e si ripensi alla montagna come luogo di accoglienza e non di un divertimento che da tempo è troppo costoso e irrazionale.