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Cultura nelle carceri, sulle orme di Lidia Poët

«Propongo di pubblicare in forma divulgativa tutto ciò che riguarda la correzione, l’educazione e la supervisione di bambini criminali o abbandonati, i centri di accoglienza per donne o minori liberati… Inoltre propongo l’istituzione della “domenica del prigioniero”. Il progetto è nato negli Stati Uniti e si concretizza nell’istituzione di giornate dedicate alla riflessione in cui, durante le celebrazioni religiose, indipendentemente dal culto praticato, i fedeli vengono sensibilizzati sulle inique condizioni di vita dei carcerati».

Sono parole dell’avvocata Lidia Poët pronunciate al Congresso internazionale penitenziario di San Pietroburgo nel 1890.

In questi mesi si è parlato molto della Poët come prima avvocata d’Italia, forse meno del suo impegno per i diritti, e della sua visione del mondo e delle chiese. Nello stralcio di discorso citato si fa riferimento alle realtà religiose come realtà da informare: perché raggiungono le persone; perché chi è nei penitenziari ha appartenenze diverse; perché le chiese svolgono azione sociale, ma hanno bisogno di informazioni. In quel momento l’interesse della Poët era rivolto ai bambini che finivano in riformatorio «perché avevano commesso crimini o perché erano abbandonati a se stessi», e quindi arrestati per vagabondaggio. Questo sarà anche il tema di un suo intervento al Congresso di Bruxelles nel 1900 dove evidenzierà «l’importanza di avere “educatori” e non “guardiani” per «guidare più con la persuasione che con la forza i bambini».
Posizioni che guardavano al futuro e che sono state ricordate in un incontro al Salone del libro di Torino 2023 con interventi, di Cristina Ricci, Giampiero Casagrande (direttore della biblioteca Alliaudi di Pinerolo), e Assunta Confente (Ordine degli Avvocati di Torino).

Il tema carceri però al Salone è stato al centro anche di altri incontri. Oggi il mondo penitenziario è cambiato rispetto a 130 anni fa ma le situazioni problematiche continuano purtroppo ad esserci, anche i progetti però e le persone che provano a essere propositive. Lidia Poët nel 1880 a Roma proponeva di favorire la lettura nelle carceri, oggi c’è chi come l’Unitre nazionale, ente di “promozione sociale”, parla di dialogo in carcere con i detenuti che sono invitati a scrivere e a condividere i loro lavori. «Un percorso alla ricerca di senso, ma anche di condivisione – è stato spiegato al Salone in un incontro organizzato dall’Unitre -. Un premio letterario riservato ai detenuti per dare opportunità di fare e di riflettere, il quale poi, sfocia in una pubblicazione intitolata L’altra libertà». Un’esperienza interessante realizzata andando nelle carceri e «che ora la Città metropolitana torinese – ha detto Luca Pidello presidente della Commissione Legalità del Comune di Torino – sta cercando di replicare anche nel capoluogo piemontese, provando a creare un ponte fra “la comunità della città” e “la comunità del carcere”».

Un’esperienza che guarda alle persone, così come quella avviata dall’Unione dei Comuni Valli Chisone e Germanasca e dagli editori Graphot e Lar: una raccolta di libri da donare all’Istituto Penale Minorile Ferrante Aporti e alla Casa Circondariale Lorusso e Cotugno. «L’iniziativa – ha spiegato Andrea Garavello, assessore alla Cultura dell’Unione – è portata avanti con le Biblioteche Civiche Torinesi e del Pinerolese, il Comitato Editori Piemonte e il Comune di Pinerolo. Si può partecipare donando libri nuovi di narrativa e saggistica, per ragazzi (anche in lingua straniera), fumetti. I volumi, raccolti fino al 30 giugno alla Biblioteca Civica Centrale di Torino in via della Cittadella 5, e alla Biblioteca Civica Alliaudi di Pinerolo in via Cesare Battisti 11, nella prima metà di settembre verranno poi inseriti nei circuiti delle biblioteche degli istituti penitenziari».

Per informazioni: Lar Editore Tel: 349-6178125; mail: promozione@lar.it; www.laredit.it.