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Affido: la storia degli ultimi 50 anni ci dice la verità sulla vita delle famiglie

Non c’è pace per le difficoltà in cui si dibattono le famiglie.

Durante il governo Conte-1 con il disegno di legge “Pillon” era emersa un’idea abbastanza chiara: rivalutare il ruolo del padre, eliminare il contributo fisso a carico del genitore non affidatario, togliere voce al minore e dividerlo coattivamente tra i due genitori in caso di separazione, allontanare il diritto e i tribunali dalla famiglia, rendere impervie le vie delle separazioni. Alla base di quelle proposte c’è la convinzione che esista un solo modello legittimo e naturale di vita famigliare – fondato sul matrimonio e garantito da una coppia eterosessuale – e che la crisi di quel modello dipenda da eccessi individualistici, dall’edonismo imperante, dall’uscita dal privato delle donne, dal calo demografico e da quella che è stata definita “puerofobia”.

La fine dell’esperienza giallo-verde decretata da Salvini ha fatto riporre nel cassetto il disegno di legge “Pillon”. Già prima della formazione del nuovo governo M5s – Pd – Leu è stata depositata in Parlamento una bozza di modifica delle norme in materia di affidamento dei minori (prima firmataria Stefania Ascari del M5s). Sullo sfondo di questa proposta si intravede l’inchiesta sui servizi sociali di Bibbiano e la volontà di tutelare le famiglie di origine, di rafforzare la protezione del minore con l’obbligo di nominare un curatore speciale, di limitare il potere dei giudici e di togliere ai servizi sociali il potere di collocare in luogo sicuro il minore che si trovi in una condizione di grave pericolo. In questo caso non c’è difesa a oltranza del modello tradizionale della famiglia, si prende atto del pluralismo delle esperienze famigliari ma si contesta l’impianto dei servizi socio-assistenziali al punto di escludere la possibilità per le strutture di accoglienza di ricevere contributi pubblici. Potranno ottenere solo rimborsi.

Se per Pillon il rimedio alla crisi della famiglia è il ripristino di quella ideale consacrata nel matrimonio, per Ascari il rimedio alle sofferenze per gli allontanamenti dei minori dalle loro famiglie di origine consiste nella forte limitazione dei contributi pubblici a persone e enti che accolgono minori e nel limitare la discrezionalità dei giudici.

A mio avviso né l’una né l’altra prospettiva traggono profitto dalla storia delle famiglie e dell’infanzia negli ultimi 50 anni.

Secondo l’Annuario statistico dell’assistenza e della previdenza sociale nel 1960 erano ricoverati negli orfanotrofi, brefotrofi, istituti per poveri e abbandonati, anomali o minorati e vecchi indigenti 435.518 persone di cui 311.751 minorenni. 21.113 erano i bambini non riconosciuti e gli illegittimi non avevano altra prospettiva che l’istituzionalizzazione. «Sono irregolari per difetto i figli illegittimi – tuonava il Codice di diritto canonico – sia che l’illegittimità sia occulta, oppure pubblica, a meno che non siano stati legittimati o abbiamo pronunciato voti solenni». A loro si negava comunque la carriera ecclesiastica ai livelli elevati. Eh si, all’epoca non circolavano strane famiglie, non c’era l’affidamento famigliare e l’adozione la si faceva solo per garantire il patrimonio di chi figli non ne aveva avuti. Per conoscere la vita d’inferno dei bambini istituzionalizzati consiglio la lettura de Il paese dei celestini, scritto nel 1973 da Bianca Guidetti Serra e Francesco Santanera, quest’ultimo padre della legge sull’affidamento e sull’adozione del 1983.

Nella passata legislatura è stata depositata in Senato il 10.1.2018 una relazione ufficiale sullo stato di attuazione della disciplina dell’adozione e dell’affidamento famigliare. Se si escludono i minori stranieri non accompagnati, i dati degli ultimi anni sono ormai stabili: circa 14.000 minori tra 0 e 17 anni sono in affidamento a singoli, famiglie o parenti; circa 12.000 sono inseriti in strutture residenziali. Fate la differenza rispetto agli anni ‘60.

Questi dati sono la migliore dimostrazione che le leggi sull’adozione e sull’affidamento eterofamigliare: 1) sono state le armi fondamentali contro l’istituzionalizzazione dilagante e il corteo di abusi e maltrattamenti; 2) hanno permesso di valorizzare e non di svalutare il rapporto del minore con le famiglie in difficoltà e 3) hanno finora garantito l’interesse prevalente del minore rispetto a quello egoistico degli adulti.

Migliorare è giusto. Distruggere strumenti che hanno dato prova di civiltà è delittuoso.