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Cambiamenti climatici e migrazioni: il domani comincia oggi

Negli splendidi spazi del Palazzo della Meridiana di Genova si è svolto giovedì 26 gennaio il VI convegno organizzato dai Servizi Inclusione della Csd- Diaconia valdese, il braccio sociale della Chiesa valdese – Unione delle chiese valdesi e metodiste. A fare gli onori di casi i pastori delle chiese valdesi e metodista della città ligure William e Ulrike Jourdan e l’assessore al Lavoro del Comune Mario Mascia , preceduti dai saluti del presidente della Csd-Diaconia valdeseFrancesco Sciotto .

Il tema centrale della giornata ha riguardato le correlazioni fra i drammatici cambiamenti ambientali che il nostro pianeta sta vivendo a causa della sfrenata corsa al consumo messa in atto dagli esseri umani e le migrazioni di centinaia di milioni di persone in fuga da aree diventate oramai invivibili proprio a causa dei mutamenti climatici.

Al pastore e professore di teologia sistematica Fulvio Ferrario il compito di aprire i lavori, moderati da Monica Fabbri della chiesa valdese di Milano, per evidenziare quanto in alcune fasi storiche anche il Cristianesimo abbia avuto un ruolo nel contribuire alla “desacralizzazione” del Creato e alla sua sottomissione a un antropocentrismo sempre più dominante, per giungere in tempi più recenti a posizioni assai più attente alla cura di quanto ci circonda. «Per dirla con il filosofo Hans Jonas oggi la parola chiave è responsabilità: verso gli altri esseri umani, verso il Creato, in un gioco di relazioni fondate sul riconoscimento della diversità di ognuno e di ogni cosa».

Luca Mercalli , climatologo, è un volto conosciuto. Da anni su tutti i media si batte per spiegare, con rigorosi fondamenti scientifici, quanto sia importante intraprendere al più presto una strada diversa. Lo ha fatto anche nel suo intervento, collegato dalla sua abitazione in val di Susa. «Viviamo in mondo che ha una fine, che è finito mentre i nostri desideri tendono a essere infiniti. Pensiamo di poter governare il mondo, con il solo risultato di aver fatto ammalare il pianeta. L’aumento della temperatura è un segnale chiaro è inequivocabile che la Terra sta male; esattamente come noi esseri umani anche essa ha la febbre e sta cercando in tutti i modi di dirci che gli ultimi due secoli, dalla Rivoluzione industriale in poi, sono stati quelli più tragici». Una serie di grafici ha poi chiarito (se mai ce ne fosse ancora bisogno, nonostante una nevicata “eccezionale” a Ragusa in Sicilia abbia risvegliato il solito negazionismo, anche a livello politico) quanto faccia ormai caldo e quali siano gli scenari entro la fine del secolo, con due opzioni di fronte a noi: intervenire per limitare le emissioni inquinanti e i consumi oppure proseguire sull’attuale lunghezza d’onda. «Ci è data la possibilità di scegliere: o il suicidio collettivo oppure intervenire e salvare il mondo». Una teoria che però non è sempre facile applicare, soprattutto se gli scenari geopolitici sono delicati.

Mateen Nasratullah , attivista per il clima, fuggito dall’Afghanistan con la presa del potere da parte dei talebani. «Nel mio paese la crisi ambientale e climatica è pesante: alluvioni, nevicate eccezionali, incendi, sono purtroppo diventati la normalità. Nella situazione in cui versa il Paese non c’è programmazione ma si pensa solo all’oggi: tutti i progetti di protezione del clima sono stati sospesi e l’Afghanistan non ha partecipato alle due ultime Coop sul clima: il mondo ci chiede di fare qualcosa in fretta e di importante ma allo stesso tempo impone pesanti sanzioni che bloccano ogni tipo di sviluppo».

Il professore di sociologia delle migrazioni dell’università di Milano Maurizio Ambrosini ha aiutato il pubblico a smontare alcuni dei luoghi comuni che accompagnano la narrazione che ruota attorno ai fenomeni migratori, per concludere con un appello al diritto alla mobilità globale quale antidoto alle morti e alle sofferenze dei popoli costretti a spostarsi. «La politica, la società, litigano sul tema ma raccontano migrazioni che sono diverse da quelle reali. Gli studi sull’Italia ci dicono che la larga maggioranza di chi si arriva proviene dall’Europa, è di religione cristiana, è donna. Chi proviene dall’Africa rappresenta il 20% delle persone migranti, diviso equamente fra Africa del Nord e quella sub sahariana. Non c’è nessuna invasione, i numeri sono stabili da anni, anzi sono più gli italiani che lasciano il nostro paese rispetto agli stranieri che vi arrivano. Eppure si litiga su false narrazioni e quindi vengono create categorie nel tentativo di tutelare quante più persone possibile (rifugiati politici, minori, lgbt, e anche i migranti climatici ne fanno parte). Credo che più che creare nuove classificazioni sarebbe necessario garantire una reale possibilità di spostamento a chiunque, oggi negata a milioni di persone. La volontà è puramente politica: l’accoglienza in Europa di milioni di profughi ucraini dimostra che è possibile agire in tal senso, se si vuole».

A Loretta Malan , direttrice dei Servizi Inclusione della Diaconia valdese, il compito finale di tirare le fila della densa mattinata: «Il domani comincia oggi» riassume bene quanto serva agire subito, senza tentennamenti.