
Chiesa unita di Cristo denuncia politica migratoria di Trump
Approvata una mozione durante il Sinodo generale che si è svolto a Kansas City
La Chiesa Unita di Cristo (Ucc) ha approvato una risoluzione nel corso del suo Sinodo Generale che ha chiuso i battenti martedì 15 luglio a Kansas City in Missouri, per denunciare quello che viene definito «terrorismo interno» messo in atto da parte del Dipartimento per l’immigrazione e la dogana degli Stati Uniti (Ice), e accusare al contempo l’amministrazione Trump di violare la Costituzione.
Le critiche della denominazione protestante si sono concentrate sulle incursioni degli agenti dell’ICE che lavorano senza uniformi, indossano maschere o rifiutano di identificarsi”.
La risoluzione intitolata “Rispondere all’attacco del governo federale a immigrati, migranti e rifugiati” è stata approvata con un plebiscito di 627 voti contro 8, con un’astensione.
La misura è stata esposta come mozione di emergenza a causa dell’attuale repressione dell’immigrazione da parte dell’amministrazione Trump. È stato presentato al sinodo dalla pastora Clara Sims,della First Congregational Church ad Albuquerque, nel New Mexico, in rappresentanza della Southwest Conference.
Sims, 28 anni, ha dichiarato al sito Religion News Service che la risoluzione è nata dalle discussioni tra i membri della sua chiesa che vedono seriamente la chiamata ad essere una comunità di accoglienza degli immigrati. La sua chiesa ha arredato un appartamento nella chiesa per ospitare gli immigrati e i suoi membri offrono cibo e altri aiuti agli persone che arrivano sugli autobus da El Paso, in Texas, mentre vengono trasportati dalle pattuglie di frontiera verso destinazioni in tutto il paese.
«La nostra fede ci ha sempre chiamati in spazi di rischio per conto dei vulnerabili», ha commentato Sims, «specialmente quando le persone sono rese vulnerabili da sistemi di potere davvero corrotti».
«C’è una preoccupazione piuttosto significativa per le violazioni dei diritti umani che sono in corso in questi centri di detenzione», ha aggiunto Abigail Cipparone dell’ufficio politiche pubbliche e advocacy dell’Ucc a Washington.
Intanto un giudice distrettuale dello Stato di Washington, Jamal N. Whitehead, ha emesso un ordine per obbligare l’amministrazione a prendere in carico tutti quei casi di persone che avevano già ricevuto l’ok all’ingresso negli Stati Uniti prima dell’insediamento di Trump alla Casa Bianca e prima quindi degli stop imposti dal presidente. Si tratta di ben 12mila persone che erano già passate attraverso un processo di controllo a volte lungo anni per iniziare nuove vite in America. Ciò include più interviste, esami medici e screening di sicurezza.
L’ordine stabilisce che entro sette giorni il governo degli Stati Uniti deve identificare i casi “ammissibili alla revisione” e fornire un elenco ai querelanti. NOn mancheranno ricorsi e controricorsi.
Foto da archivio Nara