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Confine italo-francese: una frontiera dove si continua a morire. Appello alle autorità

Varie associazioni umanitarie di differente estrazione, tutte impegnate sull’ampio fronte dell’accoglienza dignitosa delle persone migranti, e fra queste la Diaconia valdese, braccio sociale della Chiesa valdese, hanno siglato un appello rivolto alle autorità italiane e francesi operanti lungo il confine fra i due Stati, a seguito dei recenti tragici episodi che hanno visto tre vittime cadere nella speranza di proseguire il loro viaggio verso un futuro dignitoso.

Ecco il testo:

«Ancora tre morti al confine italo francese. È del 1 febbraio 2022 la notizia della morte di due cittadini stranieri che tentavano l’attraversamento del confine e che hanno trovato la morte in tragiche circostanze. Un mese prima, all’inizio di gennaio, un altro corpo è stato trovato dall’altra parte del confine, vicino a Modane. Tre storie e tre luoghi di confine ma il medesimo destino. 

Se per Ullah Rezwan Sheyzad, quindicenne proveniente dall’Afghanistan, è stato quantomeno possibile risalire ad una identità, non altrettanto è stato per il secondo corpo trovato a Ventimiglia. 

Ullah, che aveva lasciato l’Afghanistan lo scorso giugno, è stato trovato morto nei pressi dei binari ferroviari a pochi chilometri da Oulx, ultima località di transito prima di attraversare il confine verso Briancon. Aveva ancora addosso il proprio zaino contenente lo stretto indispensabile per vivere e alcuni indirizzi di conoscenti a Parigi. Dopo alcune settimane trascorse presso la Comunità di Bosco di Museis a Cercivento, aveva deciso di proseguire il proprio viaggio. 

Il secondo tragico evento è avvenuto a Latte, nei pressi di Ventimiglia. Per evitare i controlli di polizia, un migrante è salito sul tetto del treno diretto in Francia ed è rimasto folgorato ad un paio di chilometri dalla meta. Le condizioni del corpo non hanno nemmeno consentito di poter restituire a questa persona la sua identità.

A queste, si aggiunge la tragedia di inizio gennaio: Fathallah Balafhail, 31enne di origine marocchina, è stato trovato senza vita al Barrage del Freney, appena oltre la frontiera, non lontano da Modane. 

Non si tratta di eventi isolati. Le politiche di controllo delle frontiere, intensificate negli ultimi anni, concorrono quanto meno indirettamente all’aumento delle morti al confine. Dal 2015, la Francia ha reintrodotto i controlli alle frontiere interne, continuando a rinnovarli ben oltre i limiti temporali previsti dal Codice Frontiere Schengen. Ai controlli di frontiera si aggiungono poi quelli di polizia che sono stati sensibilmente rinforzati anche attraverso l’impiego di pattuglie bilaterali. 

I controlli di polizia svolti in prossimità delle aree di frontiera interne italiane, oltre a sollevare dubbi di legittimità anche rispetto ad altri profili del Codice Frontiere Schengen, risultano inoltre avere carattere unicamente repressivo; nello svolgimento di tali controlli nessuna attenzione specifica sembra essere prestata ai profili di vulnerabilità delle persone sottoposte a controllo e nessun intervento risulta essere posto in essere a tutela dei minori e delle vittime di tratta. 

Inoltre, sebbene il Codice Frontiere Schengen vieti espressamente l’esercizio di discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l’origine etnica, la religione o le convinzioni, la disabilità, l’età o l’orientamento sessuale nello svolgimento dei controlli di frontiera, secondo quanto testimoniato dalle associazioni, i controlli svolti dalla polizia italiana e da quella francese sono diretti esclusivamente nei confronti di persone straniere. 

Nel tentativo disperato di raggiungere connazionali e familiari, di raggiungere un luogo che non solo viene considerato sicuro ma anche adatto a garantire un’esistenza degna, le persone individuano modalità sempre più pericolose di attraversamento del confine lungo impervi sentieri di montagna o a bordo di mezzi di trasporto. 

Troppo spesso le persone scompaiono, muoiono e vengono abbandonate, senza che possa essere attribuito un nome e un’identità, e senza che possano essere date notizie certe ai familiari circa il loro destino, violando così anche il loro diritto alla verità. 

Le organizzazioni della società civile e gli attivisti, i cui interventi sono sempre più criminalizzati dalle istituzioni, faticano a garantire ai migranti spazi di tutela effettiva e ad arginare la presenza di persone senza scrupoli che lucrano sulle speranze e i desideri di chi cerca di attraversare la frontiera. 

È dunque innegabile che le violazioni in atto nelle aree di frontiera, che in alcuni casi conducono le persone alla morte, siano l’effetto collaterale di precise scelte politiche adottate tanto a livello locale e nazionale quanto a livello europeo. Il numero crescente dei decessi ai nostri confini rende necessario ed urgente un cambio di approccio al sistema di gestione delle frontiere interne ed esterne europee. La tutela dei diritti fondamentali e del diritto di asilo devono essere il principio giuridico intorno a cui ripensare le politiche migratorie. 

Le violazioni poste in essere ai confini non solo violano il diritto di asilo, dei minori e altri soggetti vulnerabili, ma anche quelli umani fondamentali, come il diritto alla salute e quello a  poter avere accesso ad una anche minima forma di accoglienza così da evitare gravi forme di emarginazione. 

Le prospettive future sembrano molto preoccupanti. La Commissione europea ha difatti di recente reso pubblica la proposta di regolamento di riforma del Codice frontiere Schengen: un documento che, unitamente all’intero pacchetto di riforme in programma contenuta nel documento politico “Strategia per uno spazio Schengen senza controlli alle frontiere interne pienamente funzionante e resiliente”, pare integralmente improntato potenziare le azioni di controllo delle frontiere attraverso la promozione di accordi bilaterali di riammissione e un ulteriore nuovo impulso agli accordi di cooperazione di polizia. 

Le organizzazioni firmatarie esprimono il loro sincero ed incondizionato sostegno alle famiglie dei defunti e invitano le organizzazioni della società civile a promuovere ogni azione utile a contrastare le attuali politiche di controllo delle frontiere nonché le modifiche previste dalla Strategia Schengen (o dal Codice Frontiere Schengen) che siano potenzialmente lesivi dei diritti fondamentali dei cittadini stranieri. 

Chiedono inoltre: 

alle autorità italiane e francesi: 

· di modificare le politiche relative alla gestione delle frontiere interne, con particolare riferimento alle modalità con le quali i controlli di polizia e di frontiera vengono svolti, garantendo il pieno rispetto dei diritti fondamentali e dei principi riconosciuti, in particolare, dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea nonché degli obblighi in materia di protezione internazionale e di non respingimento; 

alle autorità locali: 

· di predisporre servizi adeguati a rispondere alle esigenze e al bisogno di protezione dei migranti presenti nei luoghi di frontiera garantendo in primo luogo accoglienza anche alle persone in transito». 

Le associazioni firmatarie sono Asgi, Push-back Alarm Austria, Progetto Melting Pot Europa, Médecins du Monde, Roya Citoyenne, Diaconia Valdese, WeWorld Onlus, Pays de Fayence Solidaire, Border Violence Monitoring Network, Danish Refugee Council Italy, No Name Kitchen, RiVolti ai Balcani.