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Desmond Tutu: pastore della Nazione

Qui di seguito il ricordo e il tributo di Baldwin Sjollema del Consiglio ecumenico delle chiese (Cec) alla figura di Desmond Tutu, scomparso ieri 26 dicembre all’età di 90 anni.

Desmond Mpilo Tutu era un personaggio unico. Il suo contagioso senso dell’umorismo e delle sue risate ha aiutato a risolvere molte situazioni critiche nella vita politica ed ecclesiastica del Sudafrica. Era in grado di sbloccare quasi ogni situazione di stallo. Molte volte ha condiviso con noi le risate e la grazia di Dio. Era un uomo di Dio con tutte le stranezze che ne derivano.

Era umile. Ricordo di aver osservato le sue emozioni quando, come presidente della Commissione per la verità e la riconciliazione (Trc) del Sudafrica, per ore, settimane, mesi ha ascoltato intensamente le grida e il dolore di migliaia di vittime nere dell’apartheid.

In quel momento divenne il pastore della nazione. Nelson Mandela gli aveva affidato l’arduo compito nel 1994. Alla sessione di apertura Tutu parlò con un’insolita brevità: «Per una volta – disse – l’arcivescovo non ha molte parole da dire».

Desmond è stato determinante nello sviluppo della nozione di Ubuntu (etica basata sulla lealtà e sulle relazioni, ndr): una persona è una persona grazie alle altre persone; implica responsabilità e compassione reciproche. Nozione che è diventata il principio guida della Trc ed è stato scritto nella Costituzione sudafricana.

Tutu ha sottolineato più volte il ruolo centrale del perdono della Trc. Nessun futuro senza perdono: si può essere umani solo in una società umana. Se vivi con l’odio nel cuore, disumanizzi non solo te stesso, ma la tua comunità.

Ma la sua visione – e quella di Mandela – non era condivisa da tutti. Altri direbbero che fosse una richiesta troppo grande da fare per chiunque, specialmente alle persone che avevano sofferto ed erano state abusate. Più modestamente, invece, si sosteneva che imparare a vivere insieme e rispettarsi a vicenda era ciò che semplicemente si chiedeva di fare.

Negli anni ’70 con Desmond eravamo colleghi al Cec.

Lui lavorava per il Fondo per l’Educazione Teologica (Tef) con sede a Londra, mentre io lavoravo nel difficile Programma per contrastare il Razzismo (Pcr) a Ginevra e che sosteneva il movimento di liberazione.

Non eravamo sempre sulla stessa lunghezza d’onda. A quel tempo Desmond doveva stare attento a non essere troppo schietto contro il regime di Pretoria per non bruciare i rapporti necessari. Ma il suo atteggiamento cambiò radicalmente con il ritorno in Sudafrica e quando fu nominato decano di Johannesburg nel 1975, e dopo un anno come vescovo anglicano del Lesotho e poi segretario generale del Consiglio delle Chiese sudafricane (Sacc) e infine come primo arcivescovo nero di Cape Town (1987).

Negli anni ’80, quando la lotta contro l’apartheid raggiunse l’apice, Desmond fu impavido nel predire un governo nero:

«Abbiamo bisogno di Nelson Mandela», disse nell’aprile 1980, «perché quasi certamente sarà lui il primo ministro».

Il suo grande coraggio e la sua autorità morale sono stati riconosciuti dalla comunità internazionale quando è stato insignito del Premio Nobel per la pace nel 1984.

Insieme a molti altri leader della chiesa in Sud Africa, Desmond è sempre stato in prima linea nella lotta, garantendo una leadership sia a livello locale sia nazionale.

Le chiese diventano luoghi di incontro e di informazione.

Desmond non ha mai avuto paura di dire la verità a coloro che erano al potere: è sempre stato schietto ma con umorismo. Era un personaggio irrefrenabile.

Alla fine degli anni ’80 il presidente Botha ha impose lo stato di emergenza nazionale, conferendo così e drasticamente alla polizia più poteri.

La leadership nera si dovette nascondere o finì in prigione.

Gli unici assembramenti consentiti erano quelli nelle chiese.

A quel tempo Tutu, vescovo di Johannesburg, pronunciò un sermone importante e dal tono militante nella cattedrale, chiedendo con le braccia tese: «Perché permettiamo che questo paese sia giorno dopo giorno indebolito e distrutto?»

Quando finalmente arrivò la liberazione con un Parlamento eletto democraticamente, Desmond iniziò una nova rivoluzione contestando le scelte politiche ritenute ingiuste.

Ricorderò Desmond Tutu soprattutto come un amico e collega che ci ha ricordato più volte che «Dio ci ha destinati alla comunione, alla koinonia, all’unione, senza distruggere la nostra particolarità, la nostra identità culturale».

Baldwin Sjollema dal 1958-1981 ha lavorato presso la sede del Consiglio ecumenico delle Chiese a Ginevra (Svizzera), prima come segretario esecutivo del Segretariato per la Migrazione del Cec (1958-1969). Successivamente, nel 1970 è stato nominato primo direttore del Programma di lotta al razzismo (Pcr) del Cec.

 

Photo: Peter Williams/WCC