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Diritti delle donne, essenziali per lo sviluppo

Si è tenuta dal 12 al 23 marzo scorsi a New York, presso la sede centrale dell’Onu la 62ma sessione della Commissione delle Nazioni Unite sullo status delle donne nel mondo (Csw), creata nel 1946 come commissione operativa del Consiglio economico e sociale dell’Onu (Ecosoc), e oggi il principale organismo intergovernativo mondiale dedicato alla giustizia di genere e all’empowerment delle donne. Quest’anno l’incontro era focalizzato sulla situazione delle comunità rurali: un tema specifico e al tempo stesso vastissimo, che include questioni complesse e problemi quali l’analfabetismo, la difficoltà di accesso alle cure mediche, le mutilazioni genitali, i matrimoni precoci.

Si sono confrontati su questi temi più di 4300 membri provenienti da tutto il mondo, in rappresentanza di molti (170) degli Stati membri dell’Onu, di circa 600 tra ong e attori della società civile e organizzazioni internazionali, in quello che è il loro più importante luogo di incontro per costruire il consenso e l’impegno politico su scala mondiale su questo tema.

Non è mancata la rappresentanza delle chiese, le cui leader (ma c’erano anche degli uomini) hanno portato la loro voce di promotrici della giustizia sociale e della parità di genere, sottolineando come «i gruppi religiosi e i loro leader, quando sono adeguatamente formati in questo senso, possano avere un alto potenziale», come ha sottolineato la rev. Terrie Robinson, direttrice del settore «Donne nella chiesa e nella società» della Comunione anglicana, secondo quanto riferito dal servizio di informazione della stessa.

La stessa Robinson ha sottolineato il ruolo delle chiese in battaglie sociali importanti, come lo sradicamento di pratiche e convinzioni secolari che hanno portato a un decisivo mutamento nella lotta ai virus hiv ed ebola, parlato in qualità di co-presidente di Side by Side, un movimento di credenti per la giustizia sociale, di cui fa parte, tra gli altri, anche il Cec, Consiglio ecumenico delle chiese. Questo è avvenuto nel corso di un dibattito tenutosi il 15 marzo, cui hanno preso parte anche la Federazione luterana mondiale, Finn Church Aid (la più grande organizzazione finlandese per la cooperazione allo sviluppo nel mondo), l’Islamic Relief Worldwide (organizzazione nata nel Regno Unito in ambito universitario per combattere la fame nel mondo), il Centro «Bartolomé de las Casas», presente in Perù ed El Salvador e incentrato sull’educazione e le formazione. In particolare, a San Salvador porta avanti un interessante «Programma di educazione alla mascolinità» per prevenire la violenza di genere e promuovere un modello maschile diverso, lontano da quello machista tradizionale, ancora molto forte. Il confronto fra le varie esperienze di queste organizzazioni a livello mondiale era focalizzato sul ruolo delle organizzazioni religiose nella promozione dei sustainable development goals (sdg), gli obiettivi per uno sviluppo sostenibile promossi dalle Nazioni Unite. Tutti hanno concordato nel ritenere le entità religiose sempre più importanti in questo compito, in collaborazione con la società civile e gli Stati.

Le conclusioni sottoscritte al termine della sessione vanno in questa direzione, sottolineando l’importanza dell’accesso per le donne e le ragazze alla formazione e al lavoro, a risorse basilari quali il cibo, l’acqua, la terra, il diritto a una vita senza violenza e povertà, alle cure mediche e alla salute (compresa quella riproduttiva): queste le questioni principali che gli Stati membri delle Nazioni Unite dovranno affrontare. Non è certo una novità, ma è ora di passare dagli intenti ai fatti.