Ecumenismo. Il mondo bussa alle nostre porte, noi che facciamo?

Ad Assisi, seconda conferenza internazionale per definire una Giornata ecumenica del Creato

 

Come anticipato, dal 4 all’8 maggio si è tenuta ad Assisi la seconda Conferenza per promuovere una Giornata ecumenica del Creato, ideata dall’Istituto di Ricerca «Laudato Si’» della Chiesa cattolica romana, in collaborazione con la Federazione luterana mondiale, il Consiglio metodista mondiale, la Comunione anglicana e la Comunione mondiale di chiese riformate. Tra i rappresentanti italiani, il pastore Luca Baratto e Antonio Fiorino, valdese di Perugia, membro della commissione Globalizzazione e ambiente della Fcei, che, raggiunto al telefono, ci ha raccontato in diretta questa esperienza, «interessante anche perché sono rappresentate un po’ tutte le chiese e le parti del mondo, dall’Australia alle Americhe, dall’Europa all’Asia».

 

Qual è l’obiettivo di questo incontro? «L’anno scorso era nata l’idea di creare, all’interno del calendario liturgico, una festa condivisa fra tutte le denominazioni cristiane, dedicata alla creazione, al creato: ci siamo riuniti per gettare le basi di quella che dovrebbe diventare una liturgia comune, quindi con una missione globale molto interessante».

La festa si legherà al Tempo del Creato (1° settembre-4 ottobre), «un momento di “unità nella diversità” già ampiamente condiviso, con una forte base teologica comune (la creazione) per concentrarsi sull’azione creatrice di Dio; sarò un momento di riflessione comune, dedicato proprio al processo creativo di Dio, che al momento non c’è, nel calendario liturgico. L’iniziativa è stata collegata all’anniversario dei 1700 anni del Credo di Nicea, perché in quel dogma trinitario c’è la base teologica per sostenere una festa liturgica sulla creazione».

 

Parlare di “creato” con persone da tutto il mondo, però, vuol dire anche parlare di giustizia climatica, di emergenze ambientali… «Certamente, la scelta dei termini è importante e problematica: “creazione” non significa ovunque la stessa cosa, così come “ambiente”. Le parole vanno inserite nei contesti, e quando i contesti sono globali diventa tutto più complesso… così come la stessa idea di una festa che celebra la creazione: come fai a dire a persone che subiscono i cambiamenti climatici in maniera drastica di festeggiare la creazione, quando per loro è proprio una delle principali cause di morte, povertà ed emigrazione? Quindi dobbiamo integrare la parte teologica con quello che il mondo vive».

 

I rappresentanti italiani alla conferenza non sono molti… «questo ci fa rendere conto di come dentro la nostra chiesa valdese-metodista il dialogo sia ancora un po’ troppo fermo: il mondo intorno a noi chiede una sensibilità maggiore nei confronti del creato, delle problematiche legate alla giustizia climatica. Questi problemi li abbiamo già adesso dentro le nostre chiese, però non ascoltiamo le persone che vengono da altri paesi! Qui invece emergono, e i numeri si ribaltano, perché noi non siamo una maggioranza nel mondo; la prospettiva si capovolge e questo deve farci pensare. Il cambiamento climatico è un dato di fatto, nonostante il negazionismo, l’anti-scientificità, la post-verità, il resto del mondo bussa alla nostra porta: non possiamo sempre pensare con l’ottica colonialista, dobbiamo pensare con un’ottica inclusiva».

 

In conclusione, quali indicazioni vengono da questo incontro?

«Penso sia interessante recepire quello che molte chiese, soprattutto anglicane e luterane, fanno già da qualche anno, aprendosi all’idea “esperienziale” della religione: un concetto difficile, nelle nostre chiese non sempre visto in maniera positiva, però non possiamo più rapportarci alla fede come fatto finora, senza prendere in considerazione i popoli indigeni, i nuovi cristiani, i non cristiani, le persone che non hanno nessuna fede. Dovremmo iniziare ad ascoltarli perché hanno un modo di concepire la cristianità, il rapporto con Dio, con la creazione, completamente diverso. Non significa inseguire il tempo moderno, ma capire il nostro tempo, le esigenze delle persone che ruotano intorno alle nostre chiese e trovano delle liturgie non sempre stimolanti. Da questo incontro riceviamo input importanti a uscire dal guscio e fare esperienza di quello che altre persone portano dentro le chiese».

 

 

Foto di Roberto Ferrari