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Esther Duflo, una protestante francese Nobel per l’economia

Il premio Nobel per l’economia è stato assegnato lunedì (14 ottobre) alla francese Esther Duflo, all’indiano Abhijit Banerjee e all’americano Michael Kremer per il loro lavoro sulla riduzione della povertà. Esther Duflo e Abhijit Banerjee sono professori presso il Massachusetts Institute of Technology (Mit) e hanno co-fondato il laboratorio J-PAL Lab Abdul Latif Jameel contro la povertà. Si tratta di una rete di ricercatori di 58 università di tutto il mondo che lavorano su valutazioni delle scienze sociali basate su criteri scientifici. Michael Kremer è invece professore ad Harvard.

Esther Duflo, 47 anni, è la seconda donna a vincere il premio Nobel per l’economia, dopo l’americana Elinor Ostrom nel 2009.

Duflo è protestante, ed in gioventù ha fatto parte a lungo dell’Eeudf, il movimento delle Éclaireuses et Éclaireurs Unioniste de France, gli scout protestanti transalpini, dei quali è stata anche responsabile del gruppo locale di Bois-Colombes, alle porte di Parigi.

Nel ricordare quel periodo, durante una delle tante interviste concesse in questi anni al settimanale Réforme la neo premio Nobel ricordava come «I miei anni di scoutismo mi hanno dato una prima opportunità di godere di una grande indipendenza, realizzare progetti e gestire un gruppo. Ricordo un’estate straordinaria all’età di 14 o 14 anni a organizzare un’opera teatrale itinerante di strada di città in città. Devo al movimento, soprattutto, una irremovibile fiducia nell’idea che il mondo può essere più giusto, più fraterno e più vivibile per tutti, anche per i più poveri, e anche la convinzione che spetti a noi, a me come a ciascuno di noi, di fare del mio meglio, del nostro meglio, secondo le possibilità, in modo che questo mondo migliore possa finalmente venire». A domanda sul perché ha scelto di lavorare sulla povertà così rispondeva nel 2012 sempre su Réforme: «È soprattutto un argomento entusiasmante (ride)! Dopo ciò, è vero che mia madre, una dottoressa, è sempre stata molto coinvolta in un’associazione di pediatri che ha lavorato con bambini vittime della guerra. Ci ha raccontato delle sue esperienze. Queste esperienze, così come la Scuola biblica e il lavoro nello scoutismo, mi hanno dato questa idea di servizio. Ho sempre pensato che c’erano persone più povere di me, il che comporta una certa responsabilità».

Suo pastore in quegli anni di esperienza nell’Eeudf è stato Laurent Schlumberger, che dal 2013 al 2017 è stato presidente dell’Église protestante unie de France, nata dalla fusione della Chiesa luterana e della Chiesa riformata di Francia. Abbiamo raggiunto il pastore Schlumberger, ospite nel 2016 del Sinodo delle chiese metodiste e valdesi di Torre Pellice, per un commento a caldo relativo alla notizia del premio Nobel per la sua ex membro di chiesa: «Ero pastore di Esther Duflo nei suoi anni di adolescenza. Era una dei catecumeni che frequentavano la parrocchia dove ero un giovane pastore. Ci siamo poi rivisti in alcune occasioni in seguito. Non cambio una parola su ciò ho detto di lei alcuni anni fa, si tratta di una persona diretta, senza duplicità, che non si perde in false questioni ma ha grande capacità di andare dritto al cuore delle problematiche che affronta. Sono ovviamente molto, molto contento di questo premio Nobel. E questo per tre motivi. Prima per lei, ovviamente. Ottenere questo premio in così giovane età è eccezionale. Ma ammetto di non essere sorpreso. Quando le è stata assegnata la John Bates-Clark Medal nel 2010, ho detto che il prossimo premio sarebbe stato il Nobel. Ma è arrivato più velocemente di quanto pensassi! La seconda ragione che mi rende molto felice è che uno degli altri due vincitori, Abhijit Banerjee, è suo marito. È straordinario. La terza ragione è che questo Nobel premia una nuova generazione, e in particolare una generazione che mette la lotta alla povertà al centro dei suoi sforzi. Siamo all’opposto dell’economia vittima della finanza e ciò è molto incoraggiante. Dietro questo Nobel, ci sono alcune idee molto semplici così fertili (è spesso alla semplicità che riconosciamo i grandi progressi). Uno delle più importanti, forse la più importante, è l’idea della randomizzazione applicata all’economia. Questo metodo proibisce l’uso delle parole a vanvera, identificando abbastanza chiaramente gli sforzi economici che portano i suoi frutti nella lotta contro la povertà. Disegna l’economia dal lato scientifico, allontanandola da rischi ideologici, con una preoccupazione per l’impatto sul reale e il servizio dei più poveri, aspetto che in fondo è molto protestante».