Frontiera franco-italiana nelle Alpi: una valanga di violazioni dei diritti

Un report delle difficili condizioni che le persone devono affrontare fra le montagne al confine fra i due Paesi

 

Nelle Alpi al confine fra Italia e Francia le pratiche illegali delle autorità costringono le persone migranti in transito a correre ogni rischio per attraversare la frontiera, che rimane pericolosa nonostante la fine dell’inverno.

C’è anche la storia associazione protestante francese, “La Cimade”, fra i firmatari di un report che racconta lo stato dell’arte sul fronte delle migrazioni in questo angolo occidentale d’Italia.

 

«Dal novembre 2024, le nostre associazioni – si legge nel testo – hanno constatato un deterioramento del rispetto dei diritti e hanno allertato le autorità sulle pratiche illegali commesse ai danni delle persone in esilio. Nelle ultime settimane, molte famiglie e donne sole con bambini si sono trovate in pericolo. Ma l’unica risposta sul campo è stata l’invio di una compagnia di polizia francese per rafforzare la sicurezza in montagna».

 

Respingimenti, messa in pericolo, negazione dei diritti: da otto anni, le associazioni firmatarie – Tous Migrants, Anafé, Médecins du Monde e le associazioni riunite nel progetto CAFI (Coordinamento delle azioni alle frontiere interne, che include Amnesty International Francia, La Cimade, Médecins du Monde e Secours Catholique-Caritas Francia) – documentano le pratiche delle forze dell’ordine e allertano le autorità sulle conseguenze delle politiche migratorie alla frontiera. A livello locale, individui solidali stanno organizzando pattugliamenti, con Tous Migrants e Médecins du Monde, per fornire assistenza alle persone esiliate in difficoltà in Francia una volta attraversato il confine.


«Le nostre scoperte degli ultimi mesi sono, ancora una volta, allarmanti – prosegue il testo -. Molte persone vengono respinte in Italia violando i loro diritti fondamentali, comprese alcune che hanno espresso il desiderio di chiedere asilo. È il caso di una donna eritrea con il suo bambino che, nonostante la sua domanda di asilo presentata al valico di frontiera di Monginevro, è stata rimpatriata in Italia più volte nel maggio 2025. Un uomo sudanese ha testimoniato il 22 maggio di aver trascorso più di 22 ore in questura prima di essere rimpatriato in Italia, nonostante la sua domanda di asilo.

 

Tra febbraio e novembre 2024 si era registrato un miglioramento nel rispetto del diritto d’asilo, ma da allora le pratiche presso la polizia di frontiera di Monginevro sono nuovamente peggiorate considerevolmente:


– Colloqui rapidi e non personalizzati;
– Mancanza di informazioni sull’accesso a un avvocato, un interprete o un medico;
– Rimpatri in Italia senza notifica delle procedure e delle decisioni a cui le persone sono state sottoposte per esercitare il loro diritto di ricorso;

– Situazioni di elevata vulnerabilità non affrontate;
– Condizioni indegne di privazione della libertà, risposte minime per l’accesso a cibo e acqua;

-Procedure vaghe e arbitrarie, in particolare per quanto riguarda le questioni sanitarie.


Il freddo e il rischio di congelamento hanno nuovamente aggravato quest’anno i pericoli insiti nel territorio montuoso del Monginevro. Per molte persone, sono state le pratiche delle autorità francesi a spingerle a optare per percorsi più pericolosi, come testimonia la storia raccolta quest’inverno dalle nostre associazioni: “Una donna isolata con due bambini piccoli si è rivolta direttamente alla polizia di frontiera per chiedere asilo. È stata respinta, ha tentato di nuovo l’attraversamento, denunciandosi nuovamente alla polizia. È stata respinta di nuovo e ha finito per attraversare le montagne su sentieri molto più remoti e pericolosi per lei e i suoi bambini piccoli, nonostante la sua preoccupazione e apprensione.” »

 

Nelle ultime settimane, un numero maggiore di donne con bambini piccoli, a volte neonati, donne incinte e famiglie ha tentato di attraversare il confine.


«I controlli di polizia, prendendo di mira solo le persone in transito, aggravano i pericoli dei già lunghi e ardui viaggi migratori, sia per la salute fisica che mentale. Abbiamo documentato situazioni di inseguimenti avviati dalle forze dell’ordine, anche in prossimità di precipizi estremamente pericolosi e nel buio più totale della notte. Durante l’inverno, abbiamo ripetutamente inviato lettere alle autorità locali per segnalare le nostre preoccupazioni in merito alla messa in pericolo di persone, denunciato le violazioni dei diritti umani osservate alla frontiera e condannato gli ostacoli al nostro lavoro. Alcune delle nostre associazioni hanno anche chiesto la chiusura di sentieri pericolosi per prevenire ulteriori tragedie, senza tuttavia ricevere finora alcuna risposta dal Comune di Briançon. Invitiamo le autorità competenti a rispettare il diritto internazionale, i diritti fondamentali di tutti e la decisione del Consiglio di Stato del 2 febbraio 2024 che stabilisce il quadro giuridico applicabile alla frontiera, cessando di respingere le persone che desiderano chiedere asilo e ponendo fine a tutte le pratiche di arresto pericolose in montagna, affinché le persone in esilio non siano più costrette a percorrere percorsi sempre più pericolosi, talvolta mortali».