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Garante persone private libertà: focus su attività delle strutture residenziali e socioassitenziali

Di seguito il consueto bolletino giornaliero del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale. Focus sui report di indagine sul contagio Covid-19 nelle strutture residenziali e sociosanitarie.

Residenze per persone con disabilità o anziane

È disponibile sul sito dell’Istituto superiore di sanità (Iss) – e da domattina lo sarà su quello del Garante nazionale – il secondo report sull’indagine nazionale sul contagio Covid-19 nelle strutture residenziali e sociosanitarie (Rsa). 

Come si ricorderà, tale indagine, avviata dall’Istituto superiore di sanità (Iss) con la collaborazione del Garante nazionale, si rivolge nel suo obiettivo a circa 2.500 strutture pubbliche o convenzionate come parte significativa delle complessive 4.629, includendo tra esse anche quelle private.

A oggi l’indagine ne ha coinvolte 2.166 ed è intenzione del gruppo di lavoro di fornire i dati via via che riceve le risposte al questionario inviato. Finora, il tasso di risposta è stato del 26,6% con un’ampia variabilità regionale.

La media dei residenti nelle strutture che hanno a oggi risposto è di 78, coinvolgendo così un totale di 44.457 residenti. Il secondo rapporto considera i decessi riportati dal 26 marzo, data del primo rapporto, al 6 aprile in 576 strutture: totale che si attesta a 3.859 residenti. La percentuale maggiore di decessi è stata registrata in Lombardia (47.2%) e in Veneto (19.7%). All’interno di tale complessivo numero, solo 133 persone decedute erano risultate positive al tampone, ma altre 1.310 avevano presentato sintomi simil-influenzali, in assenza però di un accertamento tramite tampone. Tale dato costituisce il 37.4% del totale dei decessi.

Le persone residenti nelle Rsa che hanno inviato la risposta al questionario e che sono state ospedalizzate sono state 1.969: il 48% di esse presentava sintomi simil-influenzali, respiratori (per esempio febbre, tosse o dispnea) o polmonite (indipendentemente dall’esecuzione del test per Covid-19).

Importante rimane il dato relativo alla mancanza di Dispositivi di protezione individuale, in quanto per l’85.9% delle strutture non erano disponibili. Quasi tutte, invece, hanno adottato forme di comunicazione alternative alle visite, ricorrendo a telefonate, videochiamate, social. 

L’indagine riguarda anche il personale. La regione che presenta una frequenza più alta di strutture con personale riscontrato positivo è la Lombardia (34.6%), seguita dalla provincia di Trento e dalla Liguria (entrambe 25%); segue la regione Marche (16.7%).

In una complessiva categoria denominata “eventi avversi” sono stati inclusi gli incidenti, le azioni conflittuali o anche le stesse cadute ed è stato chiesto il loro numero dall’inizio di febbraio a oggi. Dalle risposte fin qui avute si ricava che eventi di questo tipo si sono verificati nel 34% delle strutture, con una maggiore incidenza nel Piemonte e nelle altre regioni che sono state più direttamente coinvolte dal contagio. Fa eccezione in questo quadro l’Emilia-Romagna.  È da rilevare comunque che il numero degli eventi rapportato al totale dei residenti nelle strutture intervistate per regione è piuttosto basso, variando dallo 0 al 4.3%.

Istituti penitenziari

Con lettera inviata alla direttrice dell’Istituto, alla provveditrice regionale dell’Amministrazione e alla presidente del Tribunale di sorveglianza, il Garante nazionale ha chiesto delucidazioni ed eventuali sconferme della inquietante notizia riportata al suo ufficio circa la prolungata impossibilità di accesso all’ora d’aria di un numero cospicuo di persone detenute nella Casa circondariale di Bologna. Il Garante nazionale resta in attesa della risposta, sperando in una smentita perché qualora la notizia venisse confermata essa costituirebbe la violazione di uno dei diritti prioritari delle persone recluse che le Convenzioni internazionali hanno affermato sin dagli anni ’50.

Per un aspetto del tutto diverso, il Garante nazionale ha dovuto inviare oggi una lettera che richiede informazioni e impegno relativamente a un altro diritto delle persone detenute: il diritto alla conoscenza e, nei termini che la nostra Costituzione prevede, all’accesso allo studio. Pure in un momento di grande complessiva difficoltà per il completamento sia dell’anno scolastico, sia dell’anno accademico, è tuttavia necessario ricordare che in un cospicuo numero di Istituti le modalità di istruzione a distanza con cui si è cercato di sopperire all’assenza della didattica diretta non hanno trovato applicazione.  Inoltre, non sono stati utilizzati a tal fine neppure gli strumenti aggiuntivi che sono stati messi a disposizione per la realizzazione dei colloqui con le famiglie, con gli avvocati e, a quanto risulta, anche con alcuni Garanti.

Nella lettera inviata ai ministri dell’Istruzione, dell’Università e della Giustizia per le relative competenze, il Garante ha espresso la certezza della comune condivisione della assoluta rilevanza che i percorsi di istruzione hanno nel contesto del processo di rieducazione e reinserimento sociale e si è quindi dichiarato disponibile a contribuire a valutare insieme le forme attraverso cui il diritto allo studio sia effettivo anche per quella parte della popolazione che vive in una condizione di privazione della libertà personale. 

Mentre si registra il permanere di una tendenza riduttiva del numero dei presenti nelle celle oggi sceso a 56.102, non si può tacere la preoccupazione per il più lento ritmo di adozione di provvedimenti conseguenti agli articoli 123 e 124 del recente decreto n. 18. Parallelamente, il Garante si riserva di valutare i numeri relativi alla positività delle persone detenute e di coloro che operano negli Istituti sulla base del rapporto che riceverà questa sera, dopo la pubblicazione del presente Bollettino, avendo avuto notizie preoccupanti almeno in un Istituto. 

(https://www.epicentro.iss.it/)

La rete internazionale

La Segretaria generale del Consiglio d’Europa, Marija Pejčinović Burić, ha inviato oggi agli Stati membri una “cassetta degli attrezzi” (toolkit) sul rispetto dei diritti umani, della democrazia e dello Stato di diritto durante la crisi del Covid-19. L’obiettivo è di contribuire a garantire che le misure adottate dagli Stati membri nel corso dell’emergenza attuale siano proporzionate alla minaccia rappresentata dalla diffusione del virus e siano limitate nel tempo.

Quattro gli ambiti di intervento: 

1. la Convenzione europea dei diritti umani, ricordando l’inderogabilità dell’articolo 3 che proibisce la tortura e i trattamenti inumani o degradanti, anche in situazioni di emergenza;

2. il rispetto dello Stato di diritto e dei principi democratici in situazioni di emergenza, compresa la fissazione di limiti alla portata e durata delle misure di emergenza;

3. le norme fondamentali in materia di diritti umani, compresa la libertà di espressione, la protezione della vita privata e dei dati personali, la protezione dei gruppi vulnerabili dalla discriminazione e il diritto all’istruzione;

4. la protezione dalla criminalità e la tutela delle vittime di reato, in particolare per quanto riguarda la violenza di genere.

https://rm.coe.int/sg-inf-2020-11-respecting-democracy-rule-of-law-and-human-rights-in-th/16809e1f40

In un suo documento l’Agenzia europea per i diritti fondamentali (Fra) ha valutato l’impatto che può avere sui diritti fondamentali la pandemia da coronavirus, evidenziando una serie di problemi e considerandoli proprio nella prospettiva dei diritti umani. La Fra mette in luce anche le soluzioni adottate dai diversi Paesi rispetto al carcere e ai Centri per migranti irregolari, includendo i Centri per i richiedenti asilo; ha anche considerato le iniziative intraprese da alcuni Paesi per sanzionare le fake news correlate a questo ambito. 

Inoltre, il documento evidenzia alcune inquietanti iniziative assunte da Paesi membri, quali quella dell’Ungheria relativa alla apposizione di etichette rosse sulle porte delle case dei soggetti sottoposti alla misura di quarantena e a controlli a domicilio e quella della Bulgaria che prevede la detenzione fino a cinque anni per l’inosservanza della misura di quarantena.

https://fra.europa.eu/en/publication/2020/covid19-rights-impact-april-1

Residenze per le misure di sicurezza (Rems) 

Nel bollettino di ieri è stata data notizia del primo caso di positività in una Rems (la Rems di Ceccano). L’informazione di oggi riporta altri due casi nella Rems di San Maurizio canavese (To), che sono stati successivamente ricoverati in ospedale.

Il Garante nazionale sta monitorando la situazione in tutte le Residenza per le misure di sicurezza, anche relativamente alle misure adottate per prevenire la diffusione del virus e per tutelare pazienti e personale.

Servizi psichiatrici ospedalieri

La Società italiana di psichiatria (Sip) ha lanciato un appello alle Regioni «per approvare con urgenza direttive ad hoc per i servizi di salute mentale e garantire equità di accesso alle cure ai pazienti psichiatrici Covid positivi, sicurezza degli operatori e continuità assistenziale durante l’emergenza sanitaria».

Nell’appello si sottolinea che per contrastare il rischio di creare nuovi focolai di contagio «è necessario che i ricoveri dovuti a Covid-19 di pazienti con disturbi mentali avvengano nei reparti ordinari come per tutti i cittadini con il sostegno del personale dei servizi di salute mentale, impedendo ogni forma di discriminazione». Altra soluzione è quella di realizzare aree o stanze Covid separate nei reparti di psichiatria, tenendo presente che i pazienti con sofferenza psichica hanno bisogno di una assistenza specialistica maggiore di quella di un qualsiasi malato cronico.