
Gran Bretagna. Appello per una narrativa sulle migrazioni più compassionevole
Trenta leader religiosi hanno inviato una lettera al Primo Ministro Keir Starmer, sollecitando il governo inglese a ripensare le politiche migratorie
Il 12 maggio scorso, il Primo Ministro inglese, Keir Starmer, ha annunciato il Libro Bianco sull’immigrazione, contenente nei dettagli i piani del governo per ridurre l’immigrazione. Tra le misure previste: l’estensione dei periodi di residenza per il diritto di soggiorno a tempo indeterminato, un inasprimento dei visti di lavoro, test di inglese più severi, regole più severe per gli studenti e la chiusura di un visto dedicato agli operatori socio-assistenziali.
Le misure mirano a «creare un sistema migratorio controllato, selettivo ed equo», ha affermato il Primo Ministro, che ha parlato di come il Regno Unito «rischia di diventare un’isola di stranieri, non una nazione che cammina unita», e di come i forti aumenti dell’immigrazione abbiano causato “danni incalcolabili”.
Le organizzazioni per i diritti dei migranti hanno espresso profonda preoccupazione sia per le proposte del Libro Bianco che per la retorica che ne ha accompagnato la presentazione. HIAS+JCORE, la Voce Ebraica del Regno Unito su Rifugiati e Giustizia Razziale, ha successivamente promosso una lettera firmata da una trentina di leader delle comunità cristiane (tra le quali: Chiesa Riformata Unita, Conferenza Metodista, Unione battista inglese, Esercito della Salvezza, Chiesa episcopale scozzese e diverse chiese anglicane), ebraiche e musulmane del Regno Unito, in cui si esorta il Primo Ministro a riconsiderare il linguaggio e l’approccio del governo in materia di migrazione.
Le parole del primo ministro «rappresentano solo un lato del dibattito», hanno affermato i leader interreligiosi, e «non faranno altro che alimentare l’ansia pubblica e consolidare la polarizzazione».
«Quando si parla del danno “incalcolabile” causato dall’immigrazione incontrollata, si rischia di danneggiare i membri migranti delle nostre comunità e di rafforzare coloro che vorrebbero dividerci».
I leader hanno invece chiesto una narrazione più compassionevole. Pur riconoscendo le preoccupazioni dell’opinione pubblica in merito all’immigrazione, i firmatari sottolineano la necessità di una risposta che sia «basata su principi e capace di abbassare i toni del dibattito, nel rispetto della dignità di tutti coloro che compongono la nostra nazione».
«Nel nostro lavoro di leader religiosi – si legge nella lettera –, constatiamo che un’integrazione reale e duratura passa attraverso la costruzione di relazioni. È attraverso la condivisione delle esperienze che arriviamo a riconoscere la nostra comune umanità. Esortiamo il governo a pensare in modo più olistico e positivo alla promozione di una buona integrazione; le raccomandazioni emerse da diverse revisioni sull’integrazione commissionate dal governo rimangono inattuate».
L’appello dei firmatari è di «sostenere quegli aspetti che ci uniscono, al di là delle nostre diversità. Solo così potremo effettivamente risolvere i problemi sistemici che affliggono coloro che operano all’interno dei nostri attuali sistemi di asilo e rifugiati. Promuovere politiche eque che bilancino le esigenze delle comunità ospitanti con concrete opportunità per le persone che ricominciano la propria vita dopo essere fuggite da guerre, conflitti e persecuzioni, è un inizio necessario».
La lettera si chiude con la dichiarazione da parte dei rappresentanti religiosi di voler dar voce a tutti coloro che, pur essendo protagonisti del dibattito, ne sono assenti: tra questi, molti appartengono alle comunità religiose, sono persone che sono diventate parte integrante della storia e del tessuto del Regno Unito. Senza di loro – affermano i firmatari – “il nostro Paese sarebbe molto più povero”.