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Nucleare francese, le popolazioni chiedono risarcimenti e scuse ufficiali

Dopo le organizzazioni storicamente impegnate prima contro i test nucleari, e poi per il riconoscimento e i risarcimenti dello Stato, tocca alla deputata polinesiana Nicole Sanquer dare un colpo all’organizzazione della tavola rotonda di “alto livello”, convocata su richiesta del presidente della Repubblica francse Emmanuel Macron, oggi 1° luglio e domani 2 luglio.

La deputata Sanquer ha annunciato in un comunicato stampa l’annullamento della sua partecipazione alla tavola rotonda sui test nucleari che la Francia ha compiuto in Polinesia dal 1966 al 1996 e che apre i battenti oggi a Parigi. Anche il deputato Moetai Brotherson, membro del partito indipendentista e la cui proposta di legge volta a riformare i meccanismi di compensazione e riparazione per i test nucleari è stata respinta dall’Assemblea nazionale, ha declinato l’invito a questa tavola rotonda.

Secondo il comunicato di Nicole Sanquer diffuso da Radio 1 Tahiti, la deputata «prende atto» che la delegazione guidata da Édouard Fritch, presidente della Polinesia francese, «non è in alcun modo rappresentativa del nostro Paese», in assenza di gruppi storicamente coinvolti nella lotta antinucleare: Moruroa e Tatou, la Chiesa protestante Ma’ohi, il partito indipendentista di Oscar Temaru o l’associazione 193, nome che si riferisce al numero di test effettuati nella Polinesia francese. Queste organizzazioni hanno pianificato azioni parallele il 2 luglio, data commemorativa del primo test in Polinesia, e il 17 luglio, in ricordo del 17 luglio 1974, quando la polvere radioattiva ha raggiunto Tahiti a seguito dell’ennesimo test voluto da Parigi. Inoltre, il partito per l’indipendenza organizzerà, oggi a Tahiti, una tavola rotonda contro l’antinucleare in compagnia delle associazioni escluse e della Chiesa protestante, da sempre in prima fila a fianco dei processi di rivendicazione delle popolazioni locali.

Anche l’Associazione 193, fondata dal sacerdote Auguste Uebe-Carlson, ha inviato un messaggio al presidente della Repubblica. In primo luogo, si mette in dubbio anche la credibilità dei partecipanti polinesiani a questa riunione, scelti dal governo locale e sotto la guida del coordinatore della delegazione: «Bisogna sempre porsi per prima cosa la domanda: “chi sono le vere vittime tra tutte le vittime?” Ebbene queste persone non possono mancare mai ai tavoli di discussione».

Da parte sua, la parlamentare Sanquer si rammarica anche che l’Eliseo non abbia ancora comunicato la lista dei propri oratori. A suo avviso, tutto indica che il governo centrale cercherà di «chiudere la porta al dibattito». Oltre al suo comunicato, la deputata ha inviato anche una lettera al Presidente della Repubblica, nella quale chiede «di fornire risposte concrete alla sofferenza dei nostri connazionali».

Da parte sua, l’associazione 193 invita Emmanuel Macron ad «essere più coraggioso dei suoi predecessori», ed elenca ai suoi occhi le azioni concrete necessarie: «richiesta di perdono», «vera politica di riparazione delle vittime», «riconoscimento dell’impatto ecologico e sociale dei test», «declassificazione di tutti i documenti segreti relativi a decenni di test nucleari».

I test nucleari sono stati eseguiti fra gli atolli di Mururoa e Fangataufa nell’arcipelago di Tuamotu e hanno lasciato un’eredità di morti per cancro e di scorie (plutonio in particolare) che rilasceranno sostanze nocive nell’ambiente per i prossimi 200 mila anni, oltre a causare erosioni del terreno e stragi anche nella fauna locale. 7400 sarebbero i polinesiani ammalatisi negli anni a seguito delle radiazioni sprigionate dalle varie esplosioni. 1000 i dossier presentati alle autorità giudiziarie, relativi ad altrettante storie di dolore e sofferenza. Appena 20 fra loro hanno ricevuto indennizzi perché le loro malattie sono state effettivamente riconosciute come connesse ai test atomici. I nuovi studi dovrebbero fornire finalmente un appoggio scientifico ufficiale alle cause in corso.

I testi francesi furono uno shock assoluto per la popolazione locale, in gran parte rurale. A seguito degli esperimenti le isole sono state caratterizzate da un rapido esodo verso le città principali, con relativo abbandono delle zone più periferiche e ricche di biodiversità; la stessa economia è mutata, con la crisi del mercato della pesca e del commercio di madreperla .

Nel 2017, alla conclusione del 133° sinodo della Chiesa Ma’ohi, è stata finalmente presentata alle Nazioni Unite una denuncia ufficiale, che ha ricevuto il supporto di una voce importante del protestantesimo mondiale: quella del pastore Olav Fykse Tveit, segretario generale del Consiglio ecumenico delle Chiese, di cui la Ma’ohi è parte, insieme ad altre 348 chiese nel mondo.

Il Sinododella Chiesa locale nel 2019 ha adottato una serie di risoluzione per chiedere allo stato francese:

– di accettare e riconoscere la sua responsabilità e di pentirsi dei suoi errori riguardanti i crimini commessi contro Dio e il suo popolo;

– di facilitare la missione degli esperti inviati dalle Nazioni Unite su richiesta del governo polinesiano per studiare la contaminazione nucleare che sta uccidendo lentamente le persone;

– di abrogare la legge Morin che non compensa le vittime dei test nucleari.

 Il Sinodo esortava inoltre le Nazioni Unite a obbligare lo Stato francese a rispettare le sue risoluzioni e soprattutto quella che specifica che solo il popolo Ma’ohi è il legittimo proprietario delle sue risorse naturali.

«Il popolo Ma’ohi, il popolo francese e tutti gli altri popoli sono popoli di Dio. Di fronte all’atteggiamento irrispettoso dello Stato francese, il Sinodo lo invita a interrogarsi e a ripristinare i diritti e la dignità del popolo».

 

Foto via Flickr