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In Polinesia continua la battaglia della Chiesa protestante contro i danni dei test nucleari

La Chiesa protestante Ma’ohi della Polinesia francese non cambia idea e prosegue nella volontà di citare in giudizio la Francia per crimini contro l’umanità, per i test nucleari effettuati nell’oceano Pacifico in un periodo di tempo lungo trent’anni, dal 1966 al 1996. Il 133esimo sinodo della chiesa evangelica, fondata addirittura nel 1797 da missionari della London Missionary Society, ha infatti votato per non ritirare la causa che si vorrà presentare alla Corte penale internazionale de l’Aia per denunciare i danni causati su ambiente e popolazione dalle 193 esplosioni, sostanzialmente tutte con potenza superiore alle bombe di Hiroshima e Nagasaki, che i vari governi francesi hanno negli anni autorizzato.

Il nome più noto è quello dell’atollo di Mururoa, in cui vennero eseguiti i primi esperimenti quando all’Eliseo sedeva il generale De Gaulle, e gli ultimi sotto la presidenza di Jacques Chirac. 7400 sarebbero i polinesiani ammalatisi a causa delle radiazioni, e già mille sono i dossier presentati alle autorità giudiziarie locali. La novità sta nel tentativo di coinvolgere con forza nell’azione anche il Consiglio ecumenico delle chiese (Cec), di cui la chiesa Ma’ohi fa parte al pari di altre 348 chiese sorelle nel mondo, perché le conseguenze dei test nucleari non sono un fenomeno locale, ma coinvolgono l’intero pianeta. A tal proposito il segretario generale del Cec, pastore Olav Fykse Tveit ha già manifestato la volontà di voler appoggiare tale battaglia. Taaroanui Maraea, presidente della Chiesa protestante Ma’ohi, che è anche membro della Cevaa, la Comunità di chiese in azione, al pari della Chiesa valdese, ha affermato di «Contare molto sulla solidarietà dell’intera regione, ma ci auguriamo che la nostra denuncia possa trovare un sostegno internazionale. Ognuno dovrebbe rendersi conto che i danni causati in queste zone si stanno ripercuotendo ovunque, a causa soprattutto di tutti i residui delle esplosioni che inquinano terra e mare».

Lo scorso anno, quando la decisione di citare in giudizio la Francia divenne di dominio pubblico il rappresentante francese nell’arcipelago, l’alto commissario della Repubblica René Bidal aveva bollato l’iniziativa della Chiesa protestante Ma’ohi come «un’esagerazione che manca di fondamento, ricordando le recenti promesse dell’Eliseo in termini di impegno a risarcire le eventuali vittime e i danni arrecati».

La Polinesia francese, composta da un pulviscolo di 118 isole, di cui 67 abitate, è territorio d’oltremare della Repubblica francese. Gode quindi di ampia autonomia ma rimane comunque sotto la giurisdizione transalpina. La Chiesa protestante Ma’ohi conta circa 90 mila membri di chiesa, pari a circa un terzo della popolazione totale delle isole.