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Sinodo 2014 ASSIA e NASSAU

Il 21 novembre 2014, l’undicesimo Sinodo della Chiesa evangelica in Assia e Nassau ha approvato all’unanimità la seguente risoluzione.

La direzione ecclesiastica, per conto del Sinodo, ha inoltrato questa elaborazione a tutte le chiese, chiedendo loro che tenessero questi pronunciamenti in debita considerazione nell’ambito degli eventi pianificati per il Decennio di Lutero.

Il Sinodo ha sottoposto la sua risoluzione alla Chiesa evangelica in Germania (Ekd) per ulteriori riflessioni in preparazione dell’Anniversario della Riforma nel 2017. Il Sinodo della Ekd ha approvato a sua volta una dichiarazione nel novembre 2015 sul tema «Martin Lutero e gli Ebrei – una memoria necessaria in occasione dell’Anniversario della Riforma».

La Chiesa evangelica in Assia e Nassau sottopone ora la propria risoluzione – sia in tedesco sia in inglese – alle chiese sorelle in Germania e all’estero.


I cosiddetti «Scritti sugli Ebrei» di Lutero (Judenschriften) alla luce dell’Articolo fondamentale (1991) dell’Ordinamento ecclesiastico della Chiesa evangelica in Assia e Nassau e dell’Anniversario della Riforma (2017)

[1] Martin Lutero e la sua teologia non hanno solo influenzato significativamente le Chiese luterane ma il Protestantesimo nella sua totalità. Pertanto, le Chiese evangeliche in Germania – in vista dell’anniversario della Riforma nel 2017 – non possono semplicemente ignorare l’atteggiamento di Lutero nei confronti dell’Ebraismo dell’epoca, in modo particolare per come esso è espresso nei suoi cosiddetti «Scritti sugli Ebrei» (Judenschriften). Siamo grati a coloro i quali, nelle Chiese evangeliche, hanno gettato luce critica su questa eredità gravosa, in particolare negli ultimi decenni.

[2] Le seguenti dichiarazioni inerenti gli «Scritti sugli Ebrei» di Lutero non sono pensate per mettere in discussione l’importanza determinante di Lutero per la storia e la teologia del Protestantesimo. Tuttavia, esse vogliono rendere attenti su come la relazione di Lutero con l’Ebraismo, così come si riflette nei suoi scritti sugli Ebrei, non sia né un’occorrenza fortuita né una variabile marginale all’interno della sua attività riformatrice o del suo pensiero teologico. Anzi, l’atteggiamento di Lutero accoglie un diffuso antigiudaismo dell’epoca e lo collega ai cardini fondamentali della sua teologia, in particolare alla dottrina della giustificazione. Il suo atteggiamento offre altresì delle indicazioni pratiche cui poté poi agganciarsi l’antisemitismo populista.

I cosiddetti «Scritti sugli Ebrei» di Lutero (Judenschriften) nel loro contesto storico e teologico

[3] In tutti gli strati sociali del XVI secolo, tra i sostenitori così come tra gli oppositori della Riforma, era diffusa l’idea «che gli Ebrei fossero in lega con il diavolo; come “parassiti”, soprattutto attraverso l’usura, essi dissanguavano chi dava loro un posto dove vivere (Wirtsvölker), stabilivano patti segreti con i Turchi, prestandosi come spie, e per mezzo di pratiche magiche svilivano incessantemente Cristo e Maria, facendo proseliti e minando la comunità cristiana» (Thomas Kaufmann, Handbuch des Antisemitismus, 20103, pag. 286). Questo si evince in maniera esemplare dal cosiddetto «Affare Reuchlin» durante gli anni precedenti la Riforma: in opposizione a Johannes Pfefferkorn, ebreo convertito al Cristianesimo, l’ebraista e umanista Johannes Reuchlin (1455-1522), si oppose (nel suo Augenspiegel, letteralmente oftalmoscopio – 1511) alla richiesta di bruciare gli scritti ebraici. Questo gli fece guadagnare il forte supporto degli umanisti così come un largo sostegno pubblico, inclusi molti futuri sostenitori della Riforma. La loro simpatia, tuttavia, fu limitata e principalmente dovuta all’interesse per l’antica filologia. Si continuò comunque a richiedere che gli Ebrei fossero battezzati e riconoscessero Gesù come Messia. Questo atteggiamento incrementò un antigiudaismo esplicito anche tra gli umanisti, come nel caso di Erasmo da Rotterdam.

[4] Martin Lutero redasse i suoi «Scritti sugli Ebrei» senza avere contatti diretti con gli Ebrei, e non si preoccupò nemmeno di conoscerli meglio. Gli Ebrei gli interessavano soprattutto in quanto testimoni dell’azione di Dio nella storia. Per lui erano una religione che – come il cattolicesimo e l’Islam – era guidata dall’autogiustificazione e dal carattere meritorio delle opere e così si poneva in contrasto con l’identità cristiana.

[5] Nei primi anni della Riforma, la «svolta escatologica» ravvisata da molti sostenitori delle idee della Riforma – in particolare dopo la pubblicazione del trattato di Lutero Gesù Cristo è nato ebreo (Dass Jesus Christus ein geborner Jude sei, 1523) – alimentò l’aspettativa che «l’irruzione della Parola di Dio» avrebbe, alla fine, incluso anche una parte della popolazione ebraica. Lutero pretendeva che si abbandonassero le tradizionali accuse agli Ebrei (che secondo lui avevano accompagnato l’errata dottrina della Chiesa romana) e che si presentasse l’insegnamento cristiano nella sua forma pura e non distorta. Tali attese fecero quantomeno sì che, durante i primi anni della Riforma, gli atteggiamenti protestanti verso il giudaismo divenissero polifonici, e che a essi si mescolassero toni più amichevoli nei confronti degli Ebrei.

Ciononostante esiste una chiara continuità tra il trattato di Lutero del 1523, redatto in un tono più amichevole, e gli scritti successivi tra il 1538 e il 1543 con la loro veemenza e odio manifesto nei confronti degli Ebrei: Contro ai Sabbatari (Wider die Sabbather, 1538); Degli Ebrei e delle loro menzogne (Von den Juden und ihre Lügen, 1543); Schem Hamphoras (Vom Schem Hamphoras, 1543); Sulle ultime parole di Davide (Von den letzten Worten Davids, 1543). La relazione con Cristo e la fede nella giustificazione del peccatore escludevano ai suoi occhi una vera e duratura elezione degli Ebrei da parte di Dio. Lutero vedeva la conferma di questo nella sofferenza di massa degli Ebrei dopo la crocifissione di Gesù, da lui interpretata come punizione per il rifiuto di riconoscere Gesù come Messia.

[6] Con lo sviluppo territoriale e l’espansione della Riforma, i teologi e le autorità protestanti (anche di fronte alla polemica cattolica e antigiudaica, per come appare, ad esempio, nel libro del convertito Antonius Margaritha, L’intero credo ebraicoDer gantz judisch Glaub, 1530 –), si videro sempre più responsabili del basso numero di conversioni, che il nuovo insegnamento della Riforma intendeva produrre tra i cittadini ebrei. Dalla fine degli anni Trenta, Lutero propagandò una risoluta politica antigiudaica da parte delle autorità territoriali. Con i suoi ultimi scritti sugli Ebrei, egli cercò di fare pressioni sulle suddette autorità affinché espellessero gli Ebrei e non ebbe paura di invocare misure violente, né di compiere le peggiori calunnie. In seguito alle misure intraprese da Lutero e altri, la «politica giudaica» dei territori riformati ritornò significativamente alla prassi della pre-Riforma con moti di oscillazione tra la pratica della tolleranza limitata e quella dell’espulsione.

La ricezione dei cosiddetti «Scritti sugli Ebrei» di Lutero (Judenschriften) nel Protestantesimo

[7] Fino al XIX secolo, gli ultimi scritti antigiudaici di Lutero non godettero di un’ampia diffusione. Nel pietismo in particolare nacque, in larga parte a seguito dell’avvento di una nuova escatologia e della conseguente attesa di conversione da parte degli Ebrei, una posizione più conciliante nei confronti dei cittadini ebrei (Spener, Zinzendorf), e in alcuni casi anche una critica degli scritti antigiudaici di Lutero (Gottfried Arnold). Gli ultimi scritti sugli Ebrei di Lutero giocarono ancora un ruolo modesto per l’antisemitismo razzista che emerse nel XIX secolo. Dopo la Prima Guerra mondiale, tuttavia, e in particolare tra i nazionalsocialisti, sia oppositori, sia sostenitori del Cristianesimo, il ricorso a questi scritti guadagnò d’importanza; essi influenzarono anche l’interpretazione biblica dei commentatori cristiani, specialmente nel contesto culturale tedesco. Ancora durante i processi di Norimberga, Julius Streicher si riferì a Lutero come garante della propaganda antisemita. Queste alterne vicende relative alla ricezione degli scritti sugli Ebrei di Lutero dimostrano come le Chiese evangeliche debbano assumere una posizione chiara riguardo a questi testi.

Critica e presa di distanza dai cosiddetti «Scritti sugli Ebrei» di Lutero (Judenschriften)

[8] La principale forza propulsiva del pensiero riformatore di Lutero si fonda sull’interpretazione della Sacra Scrittura. Ciò dona alla ricezione di Lutero, relativamente all’interpretazione cristologica contemporanea dell’Antico Testamento e all’esegesi critica dei passaggi antigiudaici del Nuovo Testamento, un peso particolare. L’interpretazione di Lutero, specialmente dei cosiddetti brani messianici dell’Antico Testamento, non regge più di fronte all’odierna esegesi storico-critica e in particolare al fatto che i testi biblici hanno più significati, come si evince dall’estetica della ricezione.

[9] Nei momenti di autocritica, Lutero era chiaramente consapevole della portata limitata della sua teologia e del suo lavoro ecclesiastico. Le tensioni all’interno della sua teologia così come le contraddizioni tra la teologia e l’agire pratico vennero alla luce, specialmente quando discuteva con gli oppositori da lui identificati come nemici escatologici (papato, Turchi, Anabattisti, Ebraismo). Così come la sua presa di posizione nei confronti degli Anabattisti della Riforma fu difficile da armonizzare con la sua insistenza sul vincolo della coscienza alla Parola scritta, così la sua presa di posizione verso l’Ebraismo del suo tempo, come evidenziato nei suoi scritti antigiudaici, non è compatibile con la testimonianza della Scrittura circa la permanente elezione di Israele.

[10] Appellandosi ai passaggi veterotestamentari critici verso Israele, per Lutero l’idea di un’elezione permanente di Israele e della fedeltà di Dio verso il suo popolo rimase un concetto impossibile a compiersi. Nei suoi ultimi scritti antigiudaici egli negò esplicitamente al Giudaismo lo status di popolo di Dio, appellandosi all’ira divina nei confronti degli Ebrei durante i precedenti 1500 anni. La Chiesa evangelica in Assia e Nassau si oppone espressamente a questo punto di vista nell’articolo che ha inserito nella dichiarazione dottrinale presente nel suo ordinamento ecclesiastico (1991): «Chiamata a pentimento a causa della cecità e della colpa, la chiesa rende una testimonianza nuova all’elezione permanente degli Ebrei e al patto di Dio con essi. La confessione di fede in Gesù Cristo include questa testimonianza».


Sinodo 2015 EKD

A. Comprensioni problematiche

1. Nel 2017 la Chiesa evangelica in Germania celebra il cinquecentesimo anniversario della Riforma. In questa occasione, ripercorrendo la nostra eredità storica e teologica, cerchiamo prospettive per l’oggi. Unitamente alla gratitudine e alla gioia non chiudiamo i nostri occhi di fronte alle colpe e agli errori compiuti dai Riformatori e dalle Chiese riformate.

2. La Riforma puntava a riformare la chiesa tramite la forza dell’Evangelo. Solo in pochi casi questo diede luogo a un nuovo modo di guardare agli Ebrei. I Riformatori operarono all’interno di una tradizione fatta di modelli di pensiero antigiudaici, le cui radici risalivano alla chiesa primitiva.

3. È nostra responsabilità chiarire come ci relazioniamo con le dichiarazioni antigiudaiche formulate durante il periodo della Riforma e con la storia del loro impatto e della loro ricezione. Ci chiediamo in quale misura esse abbiano favorito un atteggiamento antigiudaico nelle Chiese evangeliche e come questo possa essere oggi superato. Il confronto con l’atteggiamento di Martin Lutero nei confronti degli Ebrei assume un significato esemplare in questo processo.

4. Lutero mise in relazione idee centrali della sua teologia con modelli di pensiero antigiudaici. Le sue raccomandazioni su come procedere nei confronti degli Ebrei furono contradditorie. Esse vanno dalla perorazione di un approccio amichevole all’invettiva e alla richiesta di privazione dei loro diritti e di espulsione.

5. Alla vigilia dell’anniversario della Riforma non possiamo ignorare questa storia di colpevolezza. Il fatto che alle raccomandazioni antigiudaiche di Lutero nell’ultima parte della sua vita abbia fatto ricorso l’antisemitismo nazista è un peso ulteriore che grava sulla Chiesa evangelica.

B. Un’eredità opprimente

6. Le prime dichiarazioni di Lutero e i suoi ultimi scritti del 1538, con il loro palese disprezzo degli Ebrei, rivelano una continuità nel suo giudizio teologico sugli Ebrei. Egli considerava l’Ebraismo del suo tempo come una religione che aveva dimenticato la sua propria vocazione. Essa si faceva guidare dal carattere meritorio delle opere e rifiutava la testimonianza messianica dell’Antico Testamento. Secondo Lutero, la sofferenza patita dagli Ebrei era un’espressione della punizione di Dio per la loro negazione di Gesù Cristo.

7. Il giudizio di Lutero si legava alla tradizione occidentale di ostilità verso gli Ebrei. Dapprima egli rifiutò i diffusi racconti calunniatori quali l’accusa di profanazione delle ostie e dell’assassinio rituale, affermando che si trattava di bugie e montature. In un secondo tempo, però, egli ritornò a stereotipi obsoleti e rimase accecato da paure irrazionali e risentimenti.

8. Lutero credeva che i Cristiani potessero vivere a fianco degli Ebrei solo temporaneamente, e nella speranza di convertirli. Nel 1523, in una chiara critica alla consueta persecuzione degli Ebrei, egli espresse la speranza che «se uno tratta gli Ebrei gentilmente e li istruisce attentamente sulla Sacra Scrittura, molti di loro diverranno autentici Cristiani…» («Gesù è nato ebreo»). Nel 1543 egli redasse Degli Ebrei e delle loro menzogne. Per paura che tollerare la religione ebraica potesse far scendere l’ira divina anche sulla cristianità, egli terminò questo trattato raccomandando che le autorità temporali, ad esempio, bruciassero le sinagoghe, distruggessero le case ebraiche, confiscassero Talmud e libri di preghiera, proibissero l’esercizio di attività commerciali e imponessero lavori forzati. Se questo non fosse stato d’aiuto, egli consigliava di cacciare gli Ebrei “come cani pazzi”.

9. Per secoli si ricorse ai consigli di Lutero: sia per quanto riguarda l’invito al presunto atteggiamento amichevole verso gli Ebrei del 1523 a favore di una più intensa missione nei loro confronti (pietismo), sia in riferimento agli ultimi scritti di Lutero per giustificare il disprezzo e la persecuzione degli Ebrei. Non è possibile tracciare semplici linee di continuità. Ciononostante, nel XIX e XX secolo, Lutero fu una fonte cui attinsero sia l’antigiudaismo teologico ed ecclesiale sia l’antisemitismo politico.

C. Avvio di un rinnovamento

10. Dopo il 1945 le chiese avviarono un processo di apprendimento riguardo al loro colpevole fallimento nei confronti dell’Ebraismo – processo esitante all’inizio, non ancora completo oggi. La Chiesa evangelica in Germania ridefinì la sua relazione con l’Ebraismo in termini teologici, rifiutando ogni forma di ostilità verso gli Ebrei e richiedendo l’incontro con l’Ebraismo. Dichiarazioni in questa direzione vennero incluse negli ordinamenti di molte chiese membro dell’Ekd.

11. Secondo la nostra comprensione attuale, il punto di vista di Lutero sull’Ebraismo e la sua invettiva contro gli Ebrei contraddicono la fede nell’unico Dio che si è rivelato in Gesù l’ebreo. Lutero disconobbe le affermazioni bibliche sulla fedeltà di Dio al patto stabilito con il suo popolo e sulla durevole elezione di Israele.

12. Nella teologia e nella vita della chiesa affrontiamo la sfida di ripensare le principali dottrine teologiche della Riforma e di non cadere in denigratori stereotipi antigiudaici. Questo riguarda in particolare le antinomie «legge ed evangelo», «promessa e compimento», «fede e opere», «antico e nuovo patto» così come la dottrina dei due Regni.

13. Riconosciamo la necessità di affrontare criticamente l’eredità della Riforma quando interpretiamo la Scrittura, in particolare l’Antico Testamento. Riconosciamo che «l’esegesi ebraica delle Sacre Scritture di Israele [Tanakh]…contiene una prospettiva che non è solo legittima ma anche necessaria per l’interpretazione cristiana» (Chiesa e Israele, Documenti di Leuenberg 6, II, 2.2.7).

Possiamo esplorare la ricchezza della Scrittura più profondamente quando siamo consapevoli dell’interpretazione biblica ebraica.

14. Riconosciamo il ruolo giocato dalla tradizione riformata nella storia dolorosa del «dis-incontro» (Vergegnung, Martin Buber) tra Cristiani ed Ebrei. L’ampio fallimento della Chiesa evangelica nei confronti del popolo ebraico ci riempie di dolore e vergogna. L’orrore di tali aberrazioni storiche e teologiche e la consapevolezza della nostra partecipazione colpevole alla continua sofferenza degli Ebrei danno oggi luogo a una responsabilità speciale nel resistere ed opporsi a tutte le forme di ostilità e barbarie verso gli Ebrei oggi.

15. L’anniversario della Riforma nel 2017 è un’opportunità per compiere ulteriori passi di pentimento e ravvedimento. «Quando il nostro Signore e Maestro Gesù Cristo disse, “Pentitevi, poiché il regno dei cieli si è avvicinato”, egli voleva che l’intera vita dei credenti fosse penitenza» (Martin Lutero).

(traduzione di Sabina Baral)