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Spagna: attacco all’umanesimo

«Di tutte le ricerche la più bella – leggiamo nel Gorgia di Platone – è propria questa: indagare quale debba essere l’uomo, cosa l’uomo debba fare». Socrate diceva di sapere di non sapere, e innanzi al non sapere non restava che la ricerca, il porsi domande, indagare. Non accettare quello che c’è, in modo incondizionato e acritico, in caso contrario l’essere umano diventa gregge.

In Spagna l’ultima riforma scolastica rende la filosofia materia facoltativa. In Germania da tempo tale materia si è vanificata, in Francia le ore di insegnamento sono state ridotte. In Italia non tira un’aria tanto diversa. Atteggiamento diffuso in tutta l’area dominata dal neo-liberismo «democratico», nella quale il progetto di società fondato sul fare, sull’efficienza, sull’idolatria del denaro, Kant o Marx, ma anche Dante o Leopardi, sono considerati marginali. Inutili e anche dannosi.

Lo vediamo nelle diverse proposte di riforma dei sistemi scolastici: non solo riduzione dei finanziamenti, ma la volontà di marginalizzare quel sapere umanistico che è presupposto fondamentale affinché ognuno diventi veramente un cittadino, con la capacita di partecipare in modo consapevole alla vita del proprio Paese. Partecipare ed esercitarsi al dibattito è inscindibile all’idea stessa di democrazia. Lo spirito critico non è mai stato gradito da chi detiene le redini dei governi, perché esso si fonda sulla possibilità di controllare il potere, evitare che esso diventi sopruso e arbitrio. Studiare filosofia e letteratura, conoscere la musica e apprezzare l’arte, affinare le mille sensibilità presenti in ognuno, non sono sfizi, ma opportunità di una formazione integrale, trincea per arginare un sapere utilitaristico, in nome della ragion pratica, tesa a ridurre ogni aspetto della vita umana a una merce. Tutto deve produrre una rendita immediata, il magico profitto, altrimenti è superfluo.

Non c’è contrapposizione tra cultura umanistica e cultura tecnico-pratica. La loro complementarità ed equilibro è fondamentale, ma la seconda non può vivere senza la prima. «Le conoscenze letterarie, artistiche e filosofiche – rammenta lo storico Marc Fumaroli – assicurano stabilità, compensando le continue trasformazioni di scienza e tecnica». Solo la cultura umanistica riesce a comprendere e guidare i cambiamenti, a ricondurli entro le cornici di una società civile rispettosa di ogni uomo e di ogni donna nei loro diritti fondamentali.

Una società che usa come metro di misura l’efficienza e la velocità con fini che sono al di fuori della persona, è un pericolo per la democrazia. Punta a ridurre la partecipazione dei cittadini, ne limita la crescita culturale, rendendoli sudditi, destruttura le Costituzione che sono di ostacolo a questo disegno. Non dimentichiamo quanto affermò la potente banca d’affari JP Morgan: le Costituzioni antifasciste sono di intralcio al regolare progresso delle società.

La filosofia (insieme a tutta la cultura umanistica) oggi, più che mai, svolge un ruolo fondamentale perché non ha un oggetto specifico di indagine, non è competente in qualcosa, semplicemente non accetta le verità declamate e assolute, ma guida a orientarsi nelle contraddizioni del presente e dell’esistente. Significa rendere autonome le persone, capaci di sottrarsi e di contrastare logiche di potere lesive, a orientare la propria vita con la riflessione e il giudizio critico.

È importante indagare sull’essere umano e sul proprio destino perché, scrive Protagora, «L’uomo è la misura di tutte le cose». È bene chiedersi sempre il perché e, per ritornare a Socrate, pensare con la propria testa, altrimenti «il giorno in cui noi abdichiamo al pensiero– ammonisce Umberto Galimberti – abbiamo abdicato a tutto».

Copertina: J. F. Greuter, «Socrate e i suoi studenti», XVII sec.