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Stefano Cucchi. Giustizia è fatta

«Il 4 aprile io e Stefano saremo qui. Trascorreremo l’intera giornata davanti al palazzo della Cassazione per l’ultimo atto del processo contro i suoi assassini e il loro comandante di Stazione. Quasi tredici anni dopo la morte. 

Speriamo davvero sia l’ultimo atto. Abbiamo fiducia nella Giustizia. Dobbiamo averla. Sarà una lunga giornata», così scriveva sulla sua pagina Facebook, mostrando la foto del Palazzo di giustizia, la tenace Ilaria Cucchi che, insieme all’avvocato Fabio Anselmo, non ha mai smesso con la sua famiglia di lottare e chiedere verità e giustizia per la morte del fratello Stefano.

Ieri, dunque, è arrivata la sentenza.

Sentenza ridotta dalla Cassazione da tredici a dodici anni di condanna per omicidio preterintenzionale per i carabinieri Alessio Di Bernardo e per Raffaele D’Alessandro. Si dovrà però tenere un nuovo processo d’appello per gli altri due carabinieri accusati di falso dopo la causata morte di Stefano Cucchi.

La Cassazione dunque riapre l’appello bis per Roberto Mandolini, che era stato condannato a 4 anni di reclusione e per Francesco Tedesco, condannato a 2 anni e mezzo di carcere.

«A questo punto, possiamo mettere la parola fine su questa prima parte del processo sull’omicidio di Stefano. Possiamo dire che è stato ucciso di botte, che giustizia è stata fatta con la condanna di coloro che ce l’hanno portato via», ha dichiarato ieri Ilaria Cucchi all’Agenzia Ansa, «devo ringraziare tante persone, il mio pensiero in questo momento va ai miei genitori che di tutto questo si sono ammalati e non possono essere con noi, va ai miei avvocati Fabio Anselmo e Stefano Maccioni e un grande grazie al dottor Giovanni Musarò che ci ha portato sin qui».

«Siamo vicini alla famiglia Cucchi e con la quale condividiamo il dolore e ai quali chiediamo di accogliere al nostra profonda sofferenza e il nostro rammarico», ha dichiarato il comando generale dei carabinieri dopo la sentenza della Cassazione, riporta sempre l’Ansa, ricordando che saranno conclusi in modo sollecito i anche procedimenti disciplinari. La sentenza, aggiunge l’Arma, «addolora perché i comportamenti accertati contraddicono i valori e i principi ai quali chi veste la nostra uniforme deve sempre e comunque ispirare il proprio agire».

«La via crucis notturna di Stefano Cucchi, portato da una stazione all’altra», ha detto ieri in aula il Procuratore generale della Cassazione Tomaso Epidendio ha coinvolto di fatto molti soggetti che con Cucchi hanno avuto contatti dopo il pestaggio che è stato «una punizione corporale di straordinaria gravità, caratterizzata da una evidente mancanza di proporzione con l’atteggiamento non collaborativo del Cucchi». Il Pg, infatti, ha chiesto la conferma dell’aggravante dei futili motivi per gli imputati.

L’associazione di Luigi Manconi  “A Buon diritto” che da sempre segue il caso di Stefano Cucchi e tanti altri simili e non ancora arrivati a giustizia, ha scritto ieri sera su Twitter: «La Cassazione ha appena confermato la condanna a 12 anni per i due carabinieri responsabili dei pestaggi che hanno portato alla morte Stefano Cucchi. Oggi dopo dodici anni, grazie alla tenacia e alla determinazione della famiglia Cucchi è stata fatta finalmente giustizia».

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Disegno di Mauro Biani