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Zimbabwe al voto fra mille difficoltà

Lo Zimbabwe da cui è appena tornata una delegazione dell’Unione evangelica battista d’italia è un paese bellissimo: i cieli tersi e immensi, le cascate Vittoria e una natura per molti rispetti ancora incontaminata, rimangono nel cuore di chi ha la fortuna di visitare il paese. Ma per la maggior parte degli zimbabwani la vita è dura. L’attuale presidente, Emmerson Mnangagwa, braccio destro e successore di Robert Mugabe, è soprannominato “il coccodrillo” per la brutalità con la quale reprime il dissenso. Il suo oppositore, Chamisa, è scampato già a due attentati.

Un tempo lo Zimbabwe era il granaio dell’Africa; oggi un terzo della popolazione soffre la fame. L’inflazione è al 244 per cento, la moneta locale è carta straccia, è in uso il dollaro americano; l’industria è pressocché inesistente (quella che c’è, è in mano cinese) e l’agricoltura è al collasso. La corrente elettrica è erogata per poche ore al giorno, per lo più si cucina sul fuoco fuori dalla porta di casa e la maggior parte della popolazione non ha accesso all’acqua potabile. Le strade sono disastrate, le linee ferroviarie sono un fantasma. Il 75% della popolazione è disoccupata, i più vivono di piccolo commercio al bordo della strada. Lo spaccio di droga, in particolare un’anfetamina di origine sintetica, il crystal meth, è diffusissimo e ha un effetto distruttivo sui giovani zimbabwani.

Le elezioni del prossimo luglio saranno cruciali. Di tutto questo ne abbiamo parlato con Barnabas Thondhlana, editore e pubblicista dell’Obsever, Zimbabwe. Gli chiediamo illustrarci come funzionano la politica e le istituzioni e di aiutarci a farci un’idea della situazione in Zimbabwe in vista delle prossime elezioni.

«Il partito al governo, lo ZANU-PF (in inglese Zimbabwe African National Union – Patriotic Front), detiene il potere da 43 anni e ha il controllo di tutte le istituzioni dello Stato. Il presidente Emmerson Mnangagwa ha dichiarato che il Partito Zanu è la polizia, l’esercito, il Parlamento e il sistema giudiziario. In Zimbabwe il governo e lo Stato sono la stessa cosa. Il partito Zanu controlla tutto, se anche ci fosse una linea di demarcazione tra il partito Zanu e il Parlamento sarebbe molto difficile da vedere.
In vista delle prossime elezioni, l’obbiettivo del partito Zanu è mantenere il potere: per questo le elezioni di luglio saranno le più sanguinose di sempre. Il presidente Mnangagwa sa che c’è moltissima ostilità contro di lui, ma è pronto a un bagno di sangue pur di assicurarsi il governo del Paese.
Un recente documentario di Al Jazeera ha denunciato che l’esportazione dell’oro dallo Zimbabwe non determina alcun beneficio per la popolazione. Si conta che nel 2021 sono stato esportati più di 200 milioni di dollari di oro. A fronte di questa montagna di soldi, non c’è in un ospedale pubblico un reparto di radioterapia che abbia la strumentazione adeguata. La sola radioterapia esistente in Zimbabwe è privata. Eppure, allestire una radioterapia costerebbe una parte infinitesimale del ricavato dell’oro esportato dallo Zimbabwe!
L’industria manifatturiera lavora al 20% delle sue possibilità. A seguito dell’esproprio delle fattorie (avvenuto nel 2000, ndr) l’agricoltura è al collasso. Da granaio d’Africa, lo Zimbabwe è diventato un mendicante di cibo. La rabbia è diffusa e sta per scoppiare».

Quali sono le altre forze politiche in campo e quali sono i loro programmi?
«Attualmente ci sono due partiti politici: il partit Zanu e CCC (Citizens Coalition for Change – “Coalizione dei cittadini per il cambiamento”). Il CCC controlla le aree urbane, ma è scarsamente rappresentato nelle aree rurali dove il partito Zanu esercita un maggior controllo sulla popolazione. Più che di un programma, si può dire che l’obiettivo del partito CCC è prendere il potere. Certamente il CCC afferma che affronterà tutto ciò che in Zimbabwe non funziona: il sistema industriale, il sistema sanitario, il sistema scolastico, i trasporti, le strade e le ferrovie».

In che modo l’opposizione intende trovare le risorse per affrontare una situazione così difficile?
«Innanzitutto è necessario cambiare amici. Al momento i nostri amici sono i cinesi, che estraggono i diamanti e impiantano aziende ma non investono in Zimbabwe e non promuovono alcun indotto. I cinesi prendono, portano a Pechino e arrivederci: non hanno costruito una scuola, un ospedale, una strada».

Qual è il rapporto tra l’attuale governo e il governo del Sud Africa?
«Storicamente, i movimenti di liberazione africana si sono coalizzati. Ad esempio, l’Africa National Congress si è coalizzato con gli altri movimenti di liberazione in Namibia e in Zimbabwe. Sebbene i rapporti con il Sud Africa siano difficili, il governo Sud Africano sostiene il presidente Mnangagwa.
Al contrario, ritengo che sia strategico il rapporto con il Ruanda, perché lo Zimbabwe dal 2000 è sotto embargo degli Stati Uniti e dell’Unione Europea e solo attraverso il Ruanda lo Zimbabwe può importare materie strategiche al suo sviluppo».

Quali sono a suo giudizio le cose che vanno fatte con maggiore urgenza?
«La prima è il rispetto dei diritti umani. Questo governo ha gettato la Costituzione fuori dalla finestra e fa quello che gli pare. La prima cosa che il CCC dovrebbe fare, qualora vincesse le elezioni, è cambiare le istituzioni, chi governa la polizia, l’esercito, i servizi segreti e il sistema giudiziario. Chi è a capo di queste istituzioni non deve rispondere a un partito ma alla Costituzione».

L’opposizione si sta preparando ad una guerra civile?
«Non ci sarà una guerra civile, perché il CCC non ha un’organizzazione militare e non ha le armi; ha solo le persone che lo sostengono».

Quale è il ruolo delle chiese?
«Le chiese devono attivarsi per la pace. Molti esponenti politici frequentano le chiese. So bene che molti pastori sostengono il presidente Mnangagwa, tuttavia ritengo che sia cruciale che le chiese abbiano il coraggio di dire no alla violenza, chiedano che l’opposizione possa svolgere la propria campagna elettorale senza essere sotto scacco dell’esercito, della polizia, e dei servizi segreti. Le chiese dovrebbero fare molto di più di quello che stanno facendo in questo momento».